Gestione del tempo e produttività del lavoro sono concetti legati a doppio filo.
A lungo si è creduto che strumenti e tecniche di time management bastassero, da soli, a migliorare l’efficienza delle persone e quindi delle organizzazioni. E si è pensato anche che queste soluzioni potessero essere universali, valide per qualsiasi individuo e contesto.
Oggi si fa strada sempre di più l’idea che il binomio gestione del tempo-produttività sia, nella migliore delle ipotesi, un falso mito; nella peggiore una vera e propria trappola.
Tre sono gli aspetti più interessanti di questa nuova prospettiva:
- l’idea che a livello personale la gestione del tempo abbia a che fare più con l’emotività che con la produttività (ne abbiamo già parlato in Come e perché fare oggi quello che si potrebbe fare domani)
- la consapevolezza che sia necessario andare oltre la dimensione personale per affrontare il tema della gestione del tempo nella relazione tra gli individui e le organizzazioni, con quello che ne consegue, ad esempio, in termini di distribuzione dei compiti ai propri collaboratori, di esercizio della delega, di organizzazione delle riunioni
- la sfida della gestione del tempo all’interno dei gruppi di lavoro.
Vi interessa approfondire questi tre spunti di riflessione?
Volete scoprire quali sono le principali trappole da evitare in materia di time management?
Volete capire cosa si può salvare di alcune delle più famose strategie di gestione del tempo: matrice di Eisenhower, metodo delle due liste di Warren Buffet?
Partiamo dall’ultimo punto, ovvero dalle strategie di gestione del tempo.
Warren Buffet: il metodo delle due liste
La tecnica più semplice e banale per organizzare i propri impegni è quella di stendere un elenco, una to-do-list e riordinarne i diversi punti secondo criteri di urgenza e di importanza.
Il metodo delle due liste, suggerito dal magnate americano Warren Buffet, rappresenta un’evoluzione della to-do-list. Buffet suggerisce di elencare i propri 25 principali obiettivi, leggerli, riguardarli e poi sceglierne 5, i più importanti, e buttare via gli altri.
Questo approccio ha il vantaggio di evitare la dispersione di energie su obiettivi o compiti secondari ma anche lo svantaggio di non considerare in alcun modo il fattore “urgenza”.
Cose urgenti e cose importanti: la Matrice di Eisenhower
La Matrice di Eisenhower supera i limiti del metodo Buffet. Ike Eisenhower fu due volte Presidente degli Stati Uniti e, prima ancora, comandante dell’esercito americano in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo approccio si basa sulla distinzione tra cose importanti e cose urgenti, nella consapevolezza che le due categorie non sempre coincidono.
Per costruire la matrice occorre incrociare due assi: quello verticale ordina gli impegni secondo un criterio crescente di importanza, quello orizzontale li ordina secondo un criterio crescente di urgenza.
L’incrocio tra i due assi dà origine a quattro campi, dove potete incasellare i vostri impegni. In alto a sinistra metterete le (poche) cose importanti e urgenti. Rispetto a queste non c’è scelta: dovrete farle presto e bene. In alto a destra le cose importanti ma non così urgenti. Datevi il tempo per pianificarle e farle bene senza l’angoscia di una scadenza imminente.
In basso a sinistra ci infiliamo le cose urgenti ma non così importanti. Queste rientrano perfettamente nella definizione di attività ideali da delegare ad altri. Infine, in basso a sinistra rimane tutto quello che non è urgente né importante. Cosa farne? Si può tranquillamente cancellarlo, conservando soltanto quello che è divertente, appagante o stimolante… per quando avrete tempo da dedicarvi (e dipenderà da voi trovarlo).
Gestione del tempo: efficienza o efficientismo?
A questi metodi si sono aggiunti oggi strumenti informatici e tecnologici di calendarizzazione e gestione del tempo che enfatizzano sempre di più la dimensione della programmazione e della pianificazione delle attività su base individuale. Siamo sicuri che questo approccio sia veramente efficace? Proviamo a tratteggiarne i limiti.
Qualcuno ha detto che liberare il tempo, grazie all’ottimizzazione degli impegni e delle priorità, è come scavare una buca sulla spiaggia: più la si fa grande, più si riempie di acqua. Così è anche per le nostre giornate di lavoro. Più siamo efficienti, più ci riempiamo (o veniamo riempiti) di altri compiti, col rischio di tornare nuovamente al punto di partenza: sovraccarico cognitivo (troppe cose cui pensare), mancanza di tempo e stress.
I piccoli trucchi del mestiere
A questo rischio si può fare fronte adottando una serie di piccoli accorgimenti pratici. Ne elenchiamo qualcuno, valido soprattutto per chi occupa posizioni manageriali:
- unire il calendario delle riunioni e degli appuntamenti con la lista delle altre cose da fare, per avere una visione completa del proprio carico di lavoro
- spegnere il telefono o internet per un’ora al giorno per concentrarsi su alcune attività senza tentazioni o distrazioni
- non programmare mai una riunione dopo l’altra ma prevedere sempre un intervallo di almeno 10/15 minuti tra due riunioni successive (e in ogni caso, prima di organizzare una riunione, pensateci bene)
- stabilire una mezzora al giorno, circoscritta e definita, in cui i propri collaboratori possono chiederci chiarimenti o informazioni sulle attività in corso, senza che debbano interromperci più volte durante l’intera giornata
- riservarsi degli spazi di tempo liberi da impegni, flessibili e disponibili, esigenza tanto più importante quanto più si occupa una posizione di vertice in azienda.
Percezione del tempo: la dimensione soggettiva ed emotiva
La vera svolta, però, è capire che la gestione del tempo è anche qualcosa di profondamente soggettivo e, dunque, non sempre riconducibile a strumenti oggettivi, come orologi, calendari e liste di priorità.
Ne abbiamo già parlato a proposito del tema della procrastinazione, spiegando che spesso la tendenza a dilazionare la realizzazione di un progetto ha a che fare con la dimensione emotiva delle persone più che con una cattiva gestione del tempo. È un modo per allontanare da sé l’emozione negativa di un potenziale fallimento, un mix velenoso di perfezionismo e scarsa autostima.
Più in generale seguire il proprio ritmo e bioritmo di lavoro ci rende più concentrati, attenti e appagati. C’è chi è più produttivo in determinate fasce orarie, chi lo è di più in altre. Chi ha bisogno di fare delle pause e chi preferisce immergersi in un flusso continuo per non perdere la concentrazione. Dipende dalle singole persone, dalle loro attitudini e dai loro compiti. Un’unica regola per tutti non è sempre la soluzione migliore.
La gestione del tempo: noi e gli altri
L’equilibrio tra dimensione oggettiva e soggettiva è ancora più delicato quando si affronta il tema della gestione del tempo non più come questione individuale bensì all’interno di relazioni di lavoro tra persone o gruppi.
Il tema è complesso. Ci è piaciuta la semplificazione che ne fa Andy Walker, un ingegnere informatico americano con una lunga esperienza in aziende come Google e Ibm. Walker analizza le attività che ci coinvolgono assieme ad altre persone come se fossero un vero e proprio investimento, considerando il tempo come un valore economico.
Da questo approccio, come nel caso di Eisenhower, si ricava una matrice. Sull’asse verticale si misura il valore che un’attività ha per noi stessi. Sull’asse orizzontale il valore che un’attività ha per gli altri.
Possiamo definire win-win le attività del primo quadrante in alto a destra: ci guadagniamo noi e gli altri.
All’estremo opposto le attività del quadrante in basso a sinistra: ci perdiamo noi e gli altri, una sciagura.
In alto a sinistra e in basso a destra si collocano le attività a somma zero, quelle dove uno ci guadagna e l’altro ci perde. In un caso ci perdiamo noi, nell’altro caso ci perdono gli altri.
Il ragionamento di Walker naturalmente è molto più articolato. Noi per adesso ci fermiamo, voi potete leggere o guardare per intero la sua conferenza Optimise for time. Oppure trovare un’ottima sintesi in italiano qui.