È impossibile oggi, da italiani, non parlare di sport e gioco di squadra. Dunque lo facciamo anche noi, sia pure a modo nostro, affrontando il tema del legame tra sport e mondo del lavoro.
Accade sempre più spesso, infatti, che lo sport venga utilizzato come metafora del lavoro e che la gestione di un’impresa da parte di un manager venga assimilata al ruolo di un allenatore di una squadra sportiva professionistica.
Le metafore sportive, non solo calcistiche, adattate e adottate nei contesti aziendali si sprecano. Quante volte sentiamo dire “squadra che vince non si cambia”, più raramente ci capita di “tirare un rigore a porta vuota”.
Appare scontato, anche se non sempre semplice, che l’obiettivo condiviso sia “andare in meta” mentre quando lavoriamo per il successo di qualcun altro, abbiamo almeno la soddisfazione di “avergli tirato la volata”.
Capita anche di sentirsi “messi in panchina” e di affidarsi a un “coach” per affrontare un percorso di miglioramento personale e professionale.
Ci siamo chiesti, come Nicoletti & Associati, quanto sia corretto, efficace e appropriato questo parallelismo tra sport e lavoro, che spesso anche noi abbiamo usato (provate a riguardarvi Leggero come una piuma, pungente come un’ape). Tanto più in un paese come l’Italia, dove la pratica sportiva coinvolge, secondo i dati Istat, una porzione ridotta della popolazione, pochi sono coloro che si dedicano a uno sport in età adulta e ancora meno quelli che prediligono uno sport di squadra.
Quando lo sport si fa business
Cominciamo col dire che il legame di scambio reciproco tra mondo dello sport e mondo del lavoro va in due direzioni. Non sono soltanto le aziende a copiare modelli e linguaggi dallo sport, bensì è anche lo sport stesso che in questi ultimi anni si è fatto business ad altissimo livello.
In alcune discipline di squadra il volume d’affari è ingente, la pressione per raggiungere i risultati è estrema e gli obiettivi si misurano non solo sul piano delle prestazioni ma anche del fatturato.
Le società sportive rispondono a una molteplicità di stakeholder eterogenei, dal Consiglio di Amministrazione alla comunità dei tifosi. Illuminanti le parole di un ex presidente del Manchester City: “Nel calcio è come avere una quarantina di Consigli di amministrazione all’anno, nei quali 40.000 azionisti si presentano per esprimere ciascuno la propria opinione”.
In questo contesto l’allenatore è chiamato sempre di più a diventare manager, a pianificare, gestire budget, valorizzare risorse e talenti anche in un’ottica economica.
Sport e lavoro: analogie e differenze
L’uso dello sport come metafora aziendale spesso, però, si basa su una semplificazione che annulla le distinzioni tra i due contesti ed esalta le analogie. Vale dunque la pena soffermarsi proprio sulle differenze. Proviamo a farne un rapido elenco.
- Lo sport prevede una logica molto semplice: si vince o si perde, il pareggio è ammesso soltanto in alcune discipline e come risultato parziale, nel lungo periodo esiste un solo vincitore e molti sconfitti.
Nel mondo del lavoro più aziende, anche dello stesso settore, possono vincere contemporaneamente, crescere e acquisire quote di mercato. E comunque la misura del successo aziendale non si basa soltanto sul confronto con i concorrenti, bensì anche sul miglioramento graduale delle proprie performance. - Nello sport spesso si lavora per pochi grandi eventi, come i Mondiali o le Olimpiadi, dove la componente fortuna può giocare un ruolo importante.
Il mondo del lavoro, invece, si caratterizza per una quotidianità e continuità di attività, pur all’interno di obiettivi annuali e di pianificazioni di lungo periodo. - A livello di team le squadre sportive sono composte da elementi giovani, spesso poco istruiti, con prospettive di carriera veloci che però si esauriscono con la giovinezza.
I team aziendali comprendono soggetti istruiti e prevedono carriere molto più lunghe che raggiungono il loro apice in età matura. - I team sportivi vivono in simbiosi, condividono quotidianamente una prossimità anche fisica.
I team di lavoro spesso sono virtuali, lavorano a distanza o comunque con poche interazioni. - I contesti sportivi sono caratterizzati da un’alternanza tra allenamento e prestazione.
I contesti aziendali sono focalizzati sulla prestazione e mettono meno enfasi sull’allenamento, ovvero sulla formazione.
Sport e modelli organizzativi
Anche all’interno del contesto sportivo esistono, a seconda del tipo di disciplina, livelli diversi di interdipendenza tra i membri di una squadra. La prestazione del singolo può essere più o meno influenzata da quella degli altri membri del team in base all’interconnessione dei compiti e all’autonomia dei singoli giocatori rispetto agli schemi di gioco.
Per questo quando si fa un parallelismo tra sport di squadra e team aziendali, bisogna scegliere lo sport più adatto in relazione alla tipologia di azienda e di modello organizzativo cui ci si riferisce.
Il primo a introdurre questa prospettiva è stato, già negli anni ’80, Robert Keidel nel suo articolo Team Sports Models as a Generic Organizational Framework. In particolare Keidel ha messo in confronto le caratteristiche di tre sport di squadra, come baseball, football americano e basket, in relazione alle dinamiche tra i membri dei team.
L'importanza di scegliere lo sport giusto
Il baseball ha una focalizzazione sul singolo giocatore, che dispone di grande autonomia e indipendenza. Può essere utilizzato come modello e metafora per reti di vendita o franchising, dove ognuno lavora in modo indipendente per un obiettivo comune.
Il football si caratterizza per l’interconnessione tra reparti altamente specializzati, prima ancora che tra singoli giocatori. Può essere utilizzato come ispirazione per aziende manifatturiere caratterizzate da più reparti, dove la specializzazione e la pianificazione giocano un ruolo importante.
Il basket è invece uno sport di squadra totale, quello che meglio rappresenta team fortemente interconnessi e coesi, con alte interazioni tra i singoli, massima flessibilità e velocità di esecuzione e decisione. La metafora ideale per società di consulenza, agenzie creative o task force di progetto.
Altri esempi: pallavolo e ciclismo
In Italia, più recentemente, è stato pubblicato Team leadership: idee e azioni tra sport e management, dove si estende il confronto tra sport e lavoro anche ad altre discipline.
A partire dalla pallavolo, simile al basket ma con regole ancora più stringenti e vincoli stringenti di posizione. Queste caratteristiche si prestano al parallelismo con contesti lavorativi caratterizzati da un’elevata formalizzazione di processi e procedure, nonché da una pianificabilità delle azioni. Un esempio non scontato? Pensiamo a un ospedale o addirittura a un Pronto Soccorso.
Ci sono poi sport di squadra dove però vince il singolo. Primo fra tutti il ciclismo su strada, dove i gregari lavorano per la vittoria del caposquadra. Una situazione che si può ritrovare, ad esempio, negli studi professionali, dove team altamente qualificati cooperano in funzione del successo e della visibilità del leader.
Manager, allenatore e leader
Che si parli di allenatori sportivi o manager aziendali, la parola magica è leadership. Il compito del leader è di massimizzare il rendimento collettivo, in modo che risulti superiore alla mera somma delle prestazioni individuali.
Per fare questo non basta avere i giocatori o i dipendenti migliori in ogni ruolo ma è necessario riuscire a combinare al meglio le risorse e saperle motivare, non soltanto attraverso degli incentivi economici.
Potere e capacità di leadership, lo sottolineiamo, non sempre coincidono. Così come le caratteristiche di un buon leader non sempre sono le stesse di un manager, come abbiamo spiegato in Guardati allo specchio. Sei leader o manager?
Alle aziende per crescere servono entrambi!