Oggi parliamo di gestione delle risorse umane ovvero – come si diceva una volta – del personale.
Un patrimonio che spesso le organizzazioni considerano soltanto un costo, senza capire che soprattutto nei contesti medio-piccoli il valore delle singole persone può fare la differenza.
In questo ambito uno dei temi caldi è l’Age Management, espressione che qualcuno interpreta in modo riduttivo come gestione dell’invecchiamento dei dipendenti, dovuto a un più generale cambiamento demografico e all’innalzarsi dell’età pensionabile. Aspetto, quest’ultimo, che esiste, e va affrontato, ma non esaurisce un argomento ben più ampio e strategico.
L’Age Management, correttamente inteso, coincide con l’analisi e la valorizzazione del personale in relazione alle diverse fasce d’età presenti, al ruolo e alla consistenza che occupano nell’organizzazione.
Centrale è il concetto di Work Ability, da cui deriva il Work Ability Index, che misura le capacità di ciascun lavoratore di svolgere i propri compiti nel presente e nel futuro, conciliando le esigenze imposte dall’organigramma con le risorse mentali e fisiche dei singoli individui.
Anche da questi pochi cenni, appaiono evidenti due cose:
- l’Age Management può aiutarci a ridefinire sia le schede di valutazione del personale, sia il mansionario;
- l’Age Management comporta impatti e strategie diverse, a seconda che si parli di realtà che operano nell’ambito dei servizi o di aziende manifatturiere; in quest’ultimo caso può avere ripercussioni importanti in materia di sicurezza e di produttività.
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