Che cosa si intende per welfare aziendale?
Una serie di prestazioni, servizi e benefit che un’impresa offre volontariamente ai propri dipendenti e alle loro famiglie.
Il welfare aziendale non sostituisce il welfare pubblico, ovvero i servizi di assistenza, protezione e prevenzione forniti dallo Stato, bensì lo affianca e integra. Per questo viene definito anche “Secondo Welfare”.
Ci sono diversi fattori che, in questi anni, hanno dato impulso al tema del welfare aziendale. Se da un lato ha inciso la generale percezione di un arretramento del welfare pubblico, dall’altro lato forte è stato il contributo di alcune novità legislative.
A partire dalla Legge di Bilancio 2017, che ha offerto opportunità interessanti:
- la possibilità di gestire i piani di welfare non solo attraverso accordi e contrattazioni sindacali ma anche attraverso i regolamenti aziendali (a tutto vantaggio di aziende piccole e non sindacalizzate);
- l’allargamento del paniere di servizi e prestazioni (compresi nell’articolo 51 e 100 del Tuir – Testo Unico Imposte sul Reddito) che possono rientrare nei piani di welfare;
- la facoltà di convertire anche il premio di produttività in servizi di welfare, con le relative agevolazioni fiscali.
Restringere il tema del welfare aziendale ai suoi vantaggi fiscali o alla sua funzione di integrazione del reddito rischia però di essere limitante. Si tratta infatti di uno strumento che può e deve essere utilizzato per rafforzare sia i legami tra azienda e dipendente, sia quello tra azienda e territorio. In questo senso rientra a pieno titolo nell’ambito della Responsabilità sociale d’impresa.
Come attivare un piano di welfare aziendale e quali sono i vantaggi per l’azienda, i dipendenti e il territorio?
Welfare aziendale: vantaggi per i dipendenti
Ai dipendenti il welfare aziendale permette di ricevere un reddito integrativo sotto forma di servizi e prestazioni che coprono un ampio ventaglio di bisogni e si rivolgono a tutta la famiglia, figli, genitori anziani e altri soggetti bisognosi. Proviamo a elencarli:
- servizi di baby sitting o di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti (ad esempio: assistenza domiciliare, badanti, assistenza residenziale);
- attività ricreative, sportive e culturali: ingressi a cinema e teatri, abbonamenti a palestre e centri sportivi, viaggi, spettacoli e attività extrascolastiche;
- educazione e istruzione; master, università, corsi di formazione extraprofessionali, corsi di lingua, spese di educazione e di istruzione per i familiari come rette d’iscrizione e frequenza per ogni tipo di scuola, acquisto di libri di testo scolastici, campus estivi, soggiorni e vacanze studio, ludoteche e altri servizi aggiuntivi (per esempio gite d’istruzione e scuolabus);
- prestazioni sanitarie (visite specialistiche, odontoiatriche, fisioterapia e riabilitazione, counseling e supporto psicologico);
- abbonamenti al trasporto pubblico.
- beni e servizi in natura, buoni spesa per benzina o altri acquisti;
- contributi di assistenza sanitaria a enti o a casse con fine esclusivamente assistenziale;
- versamenti integrativi a fondi di previdenza.
Welfare aziendale: le opportunità per le aziende
Come abbiamo già detto il vantaggio più immediato, e spesso l’unico percepito dalle aziende, è quello di fornire al dipendente un valore netto e spendibile, esente (del tutto o in parte) da tasse e contributi, che non fa cumulo nel calcolo dell’ISEE.
In realtà il welfare aziendale ha un potenziale molto più alto. Supportare il lavoratore e la sua famiglia può contribuire in modo determinante alla conciliazione vita-lavoro (di work-life balance abbiamo già parlato in Donne e potere: dalla politica alle aziende e in Luci e ombre dello Smart Working in Italia, soprattutto per le donne, su cui ancora oggi ricadono le attività di accudimento e cura.
Dal benessere del lavoratore discende un miglior clima aziendale e dunque anche un incremento della produttività. In questo senso il welfare aziendale può diventare a pieno titolo un fattore di sviluppo e benessere organizzativo.
C’è però di più. Offrire dei servizi di welfare aziendale rafforza il legame reciproco tra azienda e lavoratore. Può dunque rappresentare un incentivo per trattenere o attirare le risorse migliori, anche tra dipendenti di livello medio o basso, quelli soggetti a un turn-over più frequente. Al vantaggio organizzativo si aggiunge dunque anche un vero e proprio vantaggio strategico e competitivo rispetto alle aziende concorrenti.
Come avviare un piano di welfare aziendale
È frequente associare il tema del welfare aziendale alla realtà di imprese medie e grandi. Come già accennato, le novità introdotte in sede di Legge di bilancio 2017 (ma anche 2016 e 2018) hanno cambiato le carte in tavola. In particolare la possibilità di avviare e gestire piani di welfare tramite regolamenti aziendali e l’opportunità di convertire in servizi integrativi anche il premio di produttività offrono vantaggi e incentivi fiscali anche alle aziende medie e piccole.
Rimane da affrontare il problema di come avviare piani di welfare efficaci (e non limitati all’erogazione di buoni spesa), se non si dispone di competenze e risorse interne in grado di progettarli e gestirli, ovvero di un ufficio del personale ben attrezzato. Per questo sono nate in questi anni sia piattaforme on-line, sia società di servizi che possono affiancare e supportare le piccole e medie aziende in questa attività, anche e soprattutto nella selezione dei servizi da offrire ai lavoratori e delle imprese che a loro volta sono in grado di offrire questi servizi.
Rafforzare il legame con il territorio
Questo aspetto apre un altro fronte, quello del welfare aziendale come strumento di relazione tra aziende e territorio. Molto spesso offrire prestazioni di welfare ai lavoratori significa usufruire di servizi forniti da imprese sociali del territorio, impegnate nell’ambito della cura, dell’assistenza, delle attività educative, ricreative e culturali. È dunque un modo per creare ulteriore ricchezza e redistribuirla all’interno della comunità dove sia l’azienda sia il lavoratore hanno le proprie radici.