I processi decisionali dominano la nostra vita ma, al tempo stesso, i bias cognitivi condizionano i nostri processi decisionali.
Ogni giorno ci troviamo di fronte a scelte operative o strategiche, dilemmi esistenziali o alternative frivole. Per questo è importante conoscere i meccanismi che orientano le nostre decisioni.
Spesso si tratta di veri e propri autoinganni, scorciatoie che ci danno l’illusione di compiere una scelta razionale, quando invece stiamo solo cercando di risparmiare tempo e fatica di fronte alla complessità del mondo.
A queste trappole della mente gli psicologi hanno dato il nome di “bias cognitivi”, utilizzando una parola inglese (bias) che significa inclinazione, predisposizione, pregiudizio.
Nel corso degli ultimi decenni questi “errori di giudizio” sono stati ampiamente descritti e organizzati per categorie. Potete i principali bias, in un unico colpo d’occhio, in due modi:
– visualizzando l’infografica che trovate in questa pagina: 50 cognitive biases to be aware of so you can be the very best version of you
– oppure scaricando questa mappa che riproduciamo di seguito e li riassume tutti (attenzione, il file pesa!).
Bias cognitivi: una mappa per orientarsi
Lo psicologo israeliano Daniel Kahneman ha dedicato una vita a capire come gli esseri umani prendono le decisioni in situazioni di incertezza, grazie a questi studi nel 2002 ha vinto il premio Nobel per l’Economia.
Gli errori cognitivi, infatti, condizionano le nostre scelte di acquisto, di investimento e di gestione aziendale: per questo hanno attirato l’interesse di chi si occupa di marketing, di finanza e di management.
A chi ha tempo e voglia, consigliamo il libro più famoso di Kahneman: Pensieri lenti e veloci… tutti gli altri possono continuare a leggere questo approfondimento per scoprire quali sono le trappole della mente più diffuse e come evitarle!
Bias di conferma
È la tendenza a selezionare e prendere in considerazione fra tutti i dati, le informazioni o i fatti disponibili, soltanto quelli che confermano ciò di cui siamo già convinti. Possiamo riassumerlo nella frase: “Vedi che è come dico io”.
Bias di disponibilità
Si verifica quando ci accontentiamo dei dati che abbiamo facilmente a disposizione, credendo che siano anche i più rilevanti rispetto alla scelta che dobbiamo compiere. Una variante di questo meccanismo è rappresentata dall’effetto primacy e dall’effetto recency, ovvero dalla tendenza a prestare più attenzione rispettivamente alla prima o all’ultima informazione che riceviamo all’interno di una sequenza più numerosa. Più o meno come quando al ristorante ci elencano la lista dei dessert e ci ricordiamo solo il primo e l’ultimo!
Overconfidence
È l’atteggiamento tipico di chi sovrastima le proprie capacità o ha troppa fiducia nelle proprie valutazioni. Quest’ultimo caso può rivelarsi particolarmente insidioso in contesti di pericolo o di grande variabilità, dove l’esperienza e la competenza non sempre sono garanzia di scelte sicure e vincenti, proprio per il rischio di sopravvalutare l’intuizione soggettiva.
Effetto Dunning-Kruger
Un caso particolare di overconfidence è il cosiddetto Effetto Dunning-Kruger: quel meccanismo per cui chi è incompetente fa fatica ad accorgersi della propria incompetenza e, soprattutto se occupa posizioni di prestigio all’interno di un’organizzazione (eventualità non così rara, proprio a causa della sua spavalda sicurezza), rischia di fare dei gran danni.
Bias di autogiustificazione
Altrimenti detto self-serving bias, ci porta ad attribuire a noi stessi tutti i meriti in caso di successo e agli altri tutte le colpe in caso di fallimento. Come chi crede di aver perso una partita di calcio soltanto perché l’arbitro gli ha negato un rigore. Questo atteggiamento impedisce di indagare serenamente le cause reali di un avvenimento per farne tesoro in futuro.
Illusione di controllo
È un’altra variante sul tema dell’overconfidence. Accade quando si sopravvalutano le proprie capacità di orientare e influenzare eventi esterni. Diffusa tra chi gestisce un potere, piccolo o grande, ad esempio manager e uomini politici, in particolare quando si autoconvincono di aver raggiunto per merito un risultato che invece dipende soltanto dal caso o dalla fortuna.
Bias del successo
Lo sperimentiamo tutte le volte in cui giudichiamo la bontà di una scelta soltanto in base al suo risultato finale positivo, senza indagare quanto e come la fortuna abbia influito sul risultato stesso. A volte, per pura casualità, una decisione stupida funziona bene ma non per questo è il caso di portarla ad esempio.
Fallacia dello scommettitore
Conosciuta anche come Legge dei piccoli numeri, si verifica quando si crede che il risultato di un evento casuale sia influenzato da un precedente evento altrettanto casuale. Esempi? Giocarsi al lotto dei numeri ritardatari, puntare sul rosso alla roulette dopo che per quattro volte è uscito il nero o ritenere che lanciando una moneta sei volte sia più probabile avere come risultato tre volte testa e tre croce che sei volte testa. In realtà sequenze brevi di eventi tra loro non correlati (come ripetuti lanci di una moneta) presentano spesso risultati estremi e sono statisticamente meno attendibili rispetto a sequenze più numerose.
Avversione verso la perdita
Di fronte a una qualsiasi scelta, pesiamo allo stesso modo guadagni e perdite, benefici e rischi? No, il timore di un rischio o la delusione per una perdita condizionano le nostre decisioni ben di più della prospettiva di un guadagno o del calcolo dei benefici. Non solo: siamo propensi ad assumerci rischi maggiori quando si tratta di ridurre le perdite rispetto a quelli che saremmo disposti a correre per incrementare i guadagni. In poche parole: siamo più a nostro agio quando giochiamo in difesa, come una squadra che punta al pareggio piuttosto che cercare la vittoria.
Avversione del rischio
Parente stretto dell’avversione verso la perdita, porta con sé due corollari. Il primo è bias di omissione, per cui preferiamo sbagliare per non aver fatto nulla (ovvero per immobilismo) piuttosto che sbagliare per aver fatto qualcosa, come se la prima ipotesi fosse meno grave e meno (socialmente) riprovevole. IL secondo è il bias dello status quo, che ci porta a preferire il mantenimento della situazione in cui ci troviamo non perché sia quella ideale, bensì perché sopravvalutiamo i rischi di un possibile cambiamento e ne sottovalutiamo i benefici.
Effetto scarsità
Ne facciamo esperienza quando la scarsità (reale o indotta) di un bene influenza le nostre decisioni di acquisto. Può manifestarsi in diverse declinazioni. Quella della quantità, quando un bene è raro o di difficile approvvigionamento. Quella dell’esclusività, quando un prodotto viene percepito come destinato a pochi privilegiati. Quella dell’urgenza, quando la disponibilità ha dei limiti temporali tali da indurci a un acquisto immediato, pur di non perdere l’occasione.
Punto cieco: il super bias
Chiudiamo la nostra rassegna con quello che viene generalmente considerato il bias per eccellenza, ovvero il punto cieco. Ne sono vittime tutte le persone che conoscono perfettamente gli errori di giudizio collegati ai processi cognitivi e decisionali ma sono al tempo stesso convinte di esserne miracolosamente immuni. Come se trappole e autoinganni del pensiero riguardassero soltanto gli altri. Attenzione: cadere in questo bias è doppiamente sciocco!