Chi di noi non si è mai chiesto qual è il segreto del successo nel lavoro?
Se cercate una risposta non banale, potete trovarla in un libro dal titolo provocatorio: “La saggezza degli psicopatici. Quello che santi, spie e serial killer possono insegnarci intorno al successo.”
Scritto da Kevin Dutton, uno psicologo dell’università di Oxford e mai tradotto in italiano (titolo originale: The Wisdom of Psychopaths: What Saints, Spies, and Serial Killers Can Teach Us About Success), è un saggio avvincente come un romanzo.
Psicopatici funzionali e psicopatici disfunzionali
Qual è la tesi centrale? Secondo Dutton ci sono alcune caratteristiche della personalità psicopatica che non appartengono soltanto ai più efferati tra i criminali (i cosiddetti psicopatici disfunzionali) ma si ritrovano anche in professionisti con ruoli di prestigio nel mondo del lavoro e nella società (gli psicopatici funzionali). Tra questi, in prima fila, grandi manager, leader d’azienda e venditori (ma non solo). E sono proprio queste caratteristiche che, anziché ostacolarli o farne dei deviati, ne determinano le vittorie professionali.
Un test per misurare il grado di psicopatia
A questa conclusione Dutton è arrivato dopo anni di studi svolti su due binari paralleli e (solo) apparentemente distinti. Da un lato l’incontro con i più pericolosi serial killer delle prigioni anglosassoni, dall’altro lato un’enorme mole di interviste a professionisti di primo piano nel loro settore che hanno accettato di sottoporsi a un questionario in grado di misurare il loro livello di psicopatia (potete cimentarvi in una versione semplificata del test, se siete curiosi!).
Quali sono, dunque, le professioni dove è più frequente incontrare degli psicopatici (che non sanno di esserlo)? E, soprattutto, quali sono le caratteristiche della personalità psicopatica che possono insegnare anche a noi il segreto del successo nel lavoro e nella vita?
Che cosa significa essere psicopatici?
Prima di rivelarvele, è necessario fare un passo indietro e spiegare che cosa significa per Dutton (e per la maggior parte degli studiosi di psicologia e neuroscienze) essere psicopatici. La psicopatia non è una condizione assoluta, per cui o si è psicopatici o non lo si è, bensì un range che può variare da un’intensità minima a una massima, come una lampadina a luminosità regolabile. Ciascuno di noi si colloca in un punto preciso di questo range, a seconda della presenza e del livello di una serie di caratteristiche della nostra personalità che possiamo immaginare come i tasti di un mixer dove un regista invisibile regola fin dalla nascita la musica della nostra vita emotiva.
Le professioni a più alta concentrazione di psicopatici
Nel corso degli anni sono stati messi a punto testi clinici sempre più complessi e precisi per diagnosticare la presenza e il livello di psicopatia degli individui. Nel 2012 Dutton ha sottoposto a uno di questi test, nell’ambito del Great British Survey of Psycopath, diverse migliaia di professionisti di successo. Ne ha ricavato la classifica delle 10 professioni con la più alta concentrazione di psicopatici e delle 10 professioni con la minor concentrazione. Dalla classifica sono escluse categorie estreme, come quelle degli agenti segreti o dei corpi militari d’élite, dove la psicopatia non è una possibilità tra le altre, bensì un pre-requisito!
Le sette armi vincenti della personalità psicopatica
Quanti e quali sono i tratti caratteristici e innati della personalità che gli psicopatici, sia quelli di successo che quelli criminali, possiedono in misura complessiva superiore ai comuni mortali?
Dutton individua sette armi vincenti che, sapientemente dosate e utilizzate nel contesto adatto, possono risultare utili a chiunque: spietatezza, fascino, concentrazione, forza mentale, assenza di paura, mindfulness e orientamento all’azione.
Cosa fa la differenza tra uno psicopatico funzionale e uno psicopatico disfunzionale, tra un uomo di successo e un criminale? Forse soltanto il fatto che quest’ultimo possiede queste armi in quantità eccessiva ed è incapace di dosarle, come un’auto troppo potente e performante per la strada su cui sta correndo. Il contesto e le esperienze dell’infanzia giocano senz’altro un ruolo importante in questa disfunzione.
Proviamo dunque ad analizzare luci e ombre di queste sette caratteristiche.
Spietatezza e fascino
Spietatezza. È il talento di chi colpisce l’avversario giusto al cuore delle sue debolezze senza pietà, senza rimorso, senza che l’empatia prenda il sopravvento. Vi sembra disdicevole? Provate a pensarla sotto un’altra luce: come il colpo da ko del pugile, lo smash vincente del tennista, il guizzo d’ingegno del venditore in una trattativa d’affari, quando non c’è una terza possibilità tra il colpire e l’essere colpiti.
Fascino. È un qualcosa in più della capacità di piacere agli altri, potremmo definirlo come l’abilità di far fare loro spontaneamente quello che noi vogliamo che facciano, rassicurandoli che è la scelta migliore anche per loro. Qualcosa che oscilla tra la capacità di persuasione e la manipolazione. La esercitano i grandi leader, la utilizzano i venditori, se ne serve magistralmente, ahimè, il lupo cattivo per ingannare Cappuccetto Rosso nel bosco ed è dote indispensabile per chi voglia fare la spia o l’agente segreto.
Concentrazione e forza mentale
Concentrazione. È l’attitudine di individuare il proprio obiettivo e di orientarvi poi tutte le forze a disposizione, quelle mentali, prima ancora che quelle fisiche. È la tensione dell’arciere o del giocatore di golf che sono tutt’uno con l’arco o con la mazza nel momento in cui scoccano il colpo, ad occhi chiusi, senza nessuna distrazione o interferenza, a botta sicura. Negli sport di alto livello è la qualità che fa la differenza tra l’atleta talentuoso e il fuoriclasse senza rivali.
Forza mentale. Potremmo chiamarla anche, con una parola usata e abusata al giorno d’oggi, resilienza. È la caratteristica di chi, anche dopo aver subito i colpi più duri, si rialza come se niente fosse, senza che le sconfitte diventino zavorra nell’affrontare le esperienze future. In fondo è una forma di ottimismo e fatalismo di fronte agli inevitabili rovesci della fortuna.
Assenza di paura e mindfulness
Assenza di paura. Non è semplice coraggio o autocontrollo ma una vera e propria impassibilità di fronte a qualsiasi minaccia, come se non ci riguardasse (ricordate che l’avversione per il rischio è uno dei bias cognitivi di cui abbiamo parlato in Le trappole nei processi decisionali: conoscere i bias cognitivi per evitarli). Un qualcosa di pericolosamente vicino all’incoscienza, una forma di spietatezza anche nei confronti di sé stessi, indispensabile però in professioni ad alto rischio. Un pompiere, un artificiere e, in forme diverse, un chirurgo semplicemente non possono permettersi il lusso della paura.
Mindfulness. È la capacità di focalizzare la propria attenzione sul momento presente, con un controllo totale sui pensieri e le emozioni, fin quasi al punto di uscire dalla propria mente, sdoppiarsi e osservare sé stessi dall’esterno. Parente stretta delle tecniche di meditazione buddista così come delle estasi mistiche dei santi, la mindfulness è un potente antidoto per chi soffre di stati di ansia o depressione.
Orientamento all’azione
La mente psicopatica non procrastina mai: agisce, porta a termine il compito e passa rapidamente al successivo, come se niente fosse. Non c’è spazio per rimorsi, sensi di colpa o incertezze determinate dalla paura per le conseguenze o gli esiti delle proprie azioni. Un identikit che si addice ai killer ma anche, ad esempio, ai più talentuosi trader sui mercati borsistici.
Psicopatici si nasce o si diventa?
Le caratteristiche della mente psicopatica, secondo Dutton e più in generale secondo le neuroscienze, sono innate e dipendono da una specifica conformazione delle aree del cervello deputate all’empatia e alle emozioni, che risultano come anestetizzate. L’esperienza e l’allenamento possono migliorare le caratteristiche che abbiamo descritto ma non farle nascere dal nulla.
Come spiega un neurochirurgo (con un alto indice di psicopatia funzionale) intervistato nel libro: «Quando entro in sala operatoria, non provo nessuna compassione per il paziente. È un lusso che non posso permettermi… mi trasformo: divento tutt’uno con il bisturi. La mentalità di un chirurgo è molto simile a quella di un soldato delle forze speciali: in entrambi i casi tutti gli anni di studio ed esperienza non possono mai prepararti del tutto a quell’elemento di incertezza che interviene al momento dell’incisione… in entrambi i casi hai la vita e la morte nelle tue mani, letteralmente sul filo del rasoio».
Leggete il libro di Dutton. Leggetelo non tanto per scoprire se siete o meno psicopatici, ma soprattutto come chiave di lettura delle dinamiche che dominano il nostro tempo: nel mondo del lavoro, nella società, nella politica. Assomiglia molto di più a un romanzo che ad un saggio scientifico e potrà aiutarvi, se non altro, a rizzare le antenne nei confronti dei veri psicopatici che potreste incontrare nella vostra vita.