C’è una domanda che tutti prima o poi ci facciamo: intelligenti si nasce o si diventa?
Sara Dal Cin crede nella seconda ipotesi. Per questo ha scritto Studiare con metodo fa la differenza, un libro dedicato a tutti quei genitori che si trovano alle prese con le difficoltà di studio dei figli, piccoli o grandi che siano.
È un testo dal taglio pratico e concreto, dove l’autrice condivide quello che ha messo a frutto nella sua seconda carriera, da formatrice e imprenditrice nel campo delle tecniche di apprendimento.
Parliamo di seconda carriera perché Sara nasce come consulente aziendale nell’ambito dei Sistemi di Gestione; e in questa veste da sempre fa parte dello staff Nicoletti & Associati.
Proprio i risultati ottenuti in questa nuova vita professionale – sono oltre 2500 i ragazzi e le famiglie che Sara ha seguito con successo dal 2019 a oggi – dimostrano che le capacità e le attitudini non sono date una volta per tutte (no, intelligenti non si nasce!) ma possono essere allenate, anche da adulti, per portarci lontano da dove siamo e più vicini a dove sogniamo di essere.
In cosa consiste questo metodo di apprendimento e allenamento allo studio?
Ci sono due modi per scoprirlo. Comperare il libro, disponibile anche nella versione e-book. Oppure partecipare a una delle due serate di presentazione già in programma: il 15 aprile a Vittorio Veneto (ore 17 presso la libreria Il Viale) e il 27 aprile a Feltre (ore 18 presso il Caffè Letterario Enaip). Nel frattempo potete dare un’occhiata alla nostra intervista con Sara.
Sara, se dovessi riassumere in poche righe che cos’è e cosa non è questo libro, cosa diresti?
Sgombriamo il campo dagli equivoci, il mio non è un libro sull’apprendimento rapido, di quelli che promettono di imparare a ricordare tutto perfettamente in metà tempo. L’obiettivo è aiutare i ragazzi a studiare in maniera autonoma, serena e proficua. Ovvero senza bisogno di sostegni esterni continuativi, senza ansia o frustrazioni e mettendo a frutto il tempo impiegato sui testi scolastici.
Obiettivo ambizioso, per il quale servono strategie, strumenti e tecniche. Com’è organizzato il tuo approccio?
Il mio metodo individua quattro fasi fondamentali nel processo di apprendimento. La prima fase è la comprensione del testo, che avviene attraverso la lettura. La seconda fase è la rielaborazione delle informazioni acquisite durante la lettura, che implica un lavoro di selezione, schematizzazione e organizzazione gerarchica dei concetti principali. La terza fase è quella della memorizzazione, in cui si cerca di fissare nella mente quello che si è imparato. L’ultimo step è quello del ripasso, dove si consolida il lavoro delle tre fasi precedenti, dimostrando di saper padroneggiare le materie di studio.
Per ciascuna di queste fasi il tuo libro parte dagli errori. Quali sono i più comuni, quelli in cui tutti possiamo riconoscerci, anche se non siamo più studenti?
Il primo è leggere e rileggere in modo passivo, magari sottolineando ampie porzioni di testo, senza però selezionare e riorganizzare i concetti fondamentali, senza un’autentica comprensione di quello che si è letto. Il secondo è quello di affidarsi a schemi e mappe fatte da altri per facilitare la fase di sintesi delle informazioni. Il terzo è il tentativo di memorizzare “a pappagallo” quello che si sta studiando. Il quarto è sottovalutare l’importanza del ripasso, relegandolo all’ultimo momento prima di un compito o di un’interrogazione.
All’interno delle quattro fasi che hai descritto si colloca, in una posizione centrale, l’utilizzo di uno strumento per il quale hai una vera e propria predilezione: le mappe mentali. Da dove nasce questo interesse?
Ho scoperto le mappe mentali per passione personale diversi anni fa e fin da subito le ho usate con gli adulti nel mio lavoro di formatrice e consulente in azienda, come strumento utile sia a mettere in ordine le conoscenze che a strutturare idee e progetti. Da questa esperienza è scaturita la richiesta da parte di alcuni genitori di sperimentare questo strumento per aiutare i ragazzi a imparare a studiare. Così è nata la mia seconda carriera, alla quale ho dato anche solide basi teoriche in materia di neuroscienze e psicologia dell’apprendimento.
Ci sono altri punti di contatto tra il tuo lavoro con gli adulti in azienda e quello con i ragazzi?
Sì, l’attenzione per gli aspetti organizzativi, la centralità della gestione del tempo, l’idea di lavorare per obiettivi, talvolta anche per micro obiettivi, e poi tutto quello che riguarda il public speaking ovvero la capacità di parlare in pubblico senza disagio, con tono, esposizione e gestualità adeguate.
Il tuo lavoro è con i ragazzi ma il libro è rivolto ai genitori, perché?
Perché i ragazzi vivono il disagio di andare male a scuola ma non sono in grado di capirne le origini. I genitori vedono le difficoltà dei figli e cercano di intervenire; in prima battuta li aiutano personalmente oppure li mandano a ripetizione, finché si accorgono che questo non basta, non risolve il problema dell’efficacia dell’apprendimento alla radice ma lo trascina nel tempo, rendendolo sempre più grave man mano che la carriera scolastica avanza. È una situazione che mina la serenità di tutti: figli e genitori.
Il tuo approccio alle tecniche di apprendimento è molto pratico ma si fonda su due premesse teoriche. La prima riguarda la natura dell’intelligenza, la seconda i meccanismi di funzionamento della memoria. Ce ne parli un po’?
Rispetto alla natura dell’intelligenza, ci sono punti di vista diversi: per qualcuno capacità, abilità e attitudini sono un qualcosa di statico; per altri invece è possibile cambiarle e migliorarle nel tempo. Nel primo caso si parla di visione entitaria dell’intelligenza (intelligenti si nasce), nel secondo di visione incrementale (intelligenti si può diventare!). Non è importante stabilire quale sia la visione corretta, il punto è un altro. Vivere in un ambiente dove è diffusa una visione statica ed entitaria dell’intelligenza, ci rende vulnerabili di fronte agli errori, perché ci autoconvince che ogni sforzo di miglioramento sia inutile. Chi ha una visione incrementale, invece, è più motivato a impegnarsi per far avvenire ciò in cui crede.
Parliamo invece dei meccanismi della memoria…
Semplificando molto, possiamo raffigurare il funzionamento della memoria secondo il principio delle tre scatole. C’è una prima scatola, la più piccola, quella della memoria di lavoro, che raccoglie e immagazzina le informazioni in tempo reale: durante la lettura ci aiuta a organizzare i legami tra le parole e a cogliere il significato generale di un testo, senza nessuna garanzia di poterlo ricordare. C’è poi una seconda scatola, un po’ più grande, che è quella della memoria di breve termine, dove trasferiamo per un periodo di tempo più lungo, ma pur sempre limitato, le informazioni che riusciamo a organizzare e codificare grazie a una lettura attenta e attiva. E infine c’è una terza scatola, quella della memoria di lungo termine, l’unica che ci garantisce la persistenza delle informazioni nel tempo e dunque il loro utilizzo successivo, a scuola così come nella vita.
Grazie Sara di questa panoramica! Oltre a leggere il libro, cosa può fare chi vuole saperne di più sul tuo metodo e sul tuo lavoro con i ragazzi?
È possibile trovare tutte le informazioni sulle strategie di apprendimento che utilizzo e sui miei corsi – individuali e collettivi, on line o in presenza – sul sito Studiamore. Per chi preferisce i video, molto del mio lavoro di divulgazione è disponibile anche sul canale You Tube omonimo.