Di sostenibilità per le imprese si parla oggi così tanto che l’abbondanza di informazioni e stimoli rischia di generare confusione rispetto all’unica questione che conta: in che misura e perché questo tema può coinvolgere la vostra azienda, soprattutto se è di piccole o medie dimensioni?
Per aiutarvi, abbiamo messo in fila 10 tra le domande che riceviamo più spesso dai nostri clienti, eccole!
Sostenibilità: le 10 domande più frequenti
Abbiamo cercato di rispondere nel modo più semplice, concreto e completo possibile. Senza slogan e senza retorica.
Potete selezionare solo le risposte che vi interessano, cliccando direttamente su ciascuna, oppure potete leggerle tutte. In questo caso vi consigliamo di scaricarvi il file pdf che trovate alla fine della pagina, dove abbiamo riassunto domande e risposte, e leggervelo con calma
1) Di cosa parliamo quando parliamo di sostenibilità in azienda?
Parliamo di strumenti per gestire un’impresa con una strategia di medio e lungo periodo in grado di assicurare il miglior equilibrio possibile tra questi punti:
- l’obiettivo legittimo di creare utili e ricchezza
- l’impegno a non danneggiare l’ambiente e a non sprecare le risorse naturali
- la volontà di prendere in considerazione – nel definire strategie, comportamenti e obiettivi – anche gli interessi di gruppi di persone con cui l’azienda ha un legame più o meno diretto, come ad esempio i dipendenti, i fornitori, i clienti, le comunità locali, gli enti di formazione, le associazioni di categoria, gli enti pubblici…
2) Sostenibilità e i suoi sinonimi: quali sono le altre espressioni, parole o sigle che è bene sapere?
L’idea che la gestione di un’impresa non si possa limitare a obiettivi di successo economico, ma debba tenere in considerazione anche altri fattori, è emersa più volte negli ultimi decenni.
Per esprimerla si sono usate, e ancora oggi si usano, anche altre parole ed espressioni che hanno un significato del tutto o in parte simile alla definizione di sostenibilità che abbiamo appena dato. Facciamo qualche esempio tra i più significativi.
Responsabilità sociale d’impresa (con il suo equivalente inglese Corporate Social Responsability): è stata fino a qualche anno fa l’espressione più utilizzata per descrivere l’attenzione di un’azienda a temi etici e sociali, con un approccio però più filantropico che strategico.
ESG: è l’acronimo che sta per Environmental, Social and Governance. I principi o criteri ESG sono quelli che prendono in considerazione aspetti ambientali, sociali e di governance nella valutazione delle performance di un’azienda. Si sente parlare in particolare di investimenti ESG: sono quelli che selezionano le aziende su cui investire anche sulla base dei loro impatti ambientali, sociali e di governance, ritenuti strategici per assicurare la profittabilità a lungo termine di un business.
Con le espressioni Triple Bottom Line e PPP (Profit, People e Planet) si fa riferimento a una strategia di gestione d’impresa in grado di valorizzare simultaneamente l’ambiente (Planet), il contesto sociale (People) e le performance economico-finanziarie (Profit).
Più sbilanciata sul fronte ambientale la definizione di Economia circolare: allude a un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo.
Meno diffuso ma non meno importante, quando si parla di sostenibilità, è il concetto di Corporate Shared Value, che allude alla volontà da parte di un’impresa di operare per generare un “valore condiviso” con tutta la società. È l’approccio che sta alla base del movimento B-Corp.
3) La sostenibilità di un’azienda coincide in gran parte con il suo impatto sull’ambiente? Vero o falso?
Una delle frasi più citate e suggestive, che risale agli anni ’80, definisce “lo sviluppo sostenibile come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.”
Forse nasce da qui, e viene poi alimentato dalle campagne sul cambiamento climatico e sulle emissioni di CO2 e gas serra, un grande equivoco. Quale? Che quando si parla di sostenibilità ci si riferisca soprattutto gli aspetti ambientali.
No, non è così. La misurazione degli impatti sull’ambiente – intesi nel senso più ampio del termine, che va dalla scelta delle materie prime al consumo di energia, dalle emissioni alla gestione dei rifiuti e oltre… – è solo uno dei pilastri della sostenibilità. Per alcune tipologie di azienda sarà forse il più delicato da affrontare, quello strategicamente prioritario, ma non l’unico.
Quali sono gli altri pilastri? Date un’occhiata al punto 4!
4) Governance aziendale e attenzione al benessere delle persone: quanto pesano sulla sostenibilità e cosa comportano?
Oltre all’impatto sull’ambiente, gli altri due pilastri della sostenibilità in azienda sono il benessere delle persone e l’attenzione per i meccanismi di governance.
Nel primo ambito, ad esempio, rientra tutto il tema della gestione delle risorse umane in azienda ma anche l’attenzione per i diritti dei lavoratori lungo tutta la catena di fornitura e i rapporti con le comunità dove l’azienda e i suoi fornitori operano, tanto più importante nel caso di aziende che hanno delocalizzato la loro produzione in paesi lontani, con legislazioni diverse dalla nostra.
Nel secondo ambito, quello della governance, è compresa l’analisi di tutti gli organismi, i processi e le regole che si adottano in un’azienda per gestire il potere e le responsabilità. La trasparenza è l’efficacia dei meccanismi di governance non solo fanno parte della sostenibilità ma spesso ne sono una condizione preliminare.
5) One size fits all? Ovvero: la sostenibilità è uguale per tutti?
Naturalmente no. Intanto perché l’approccio dipende in modo sostanziale dal settore in cui un’azienda si colloca e dalle sue dimensioni.
I temi e le criticità che in materia di sostenibilità deve affrontare, tanto per fare un’ipotesi, un’azienda manifatturiera con alti consumi di energia e materie e utilizzo prevalente di prime non rinnovabili sono diversi da quelli che trova sulla sua strada una multinazionale che opera nel settore dei servizi e deve far convivere tra i suoi dipendenti persone diverse per provenienza, lingua, religione.
E questo è un primo aspetto, che riguarda la materialità delle attività produttive di un’impresa e le sue implicazioni. Poi ce n’è un altro, collegato alla specificità di ogni singola azienda, alla sua storia, allo spirito che anima le persone che ci lavorano. Questi fattori, molto più inafferrabili, possono plasmare in modo originale e creativo il percorso di sostenibilità di un’azienda e la sua stessa evoluzione, contribuendo anche a distinguerla in modo competitivo dai suoi concorrenti.
6) Scelta, obbligo oppure opportunità: perché far entrare la sostenibilità nelle nostre aziende?
Perché aprirsi alla sostenibilità? Potremmo dire per scelta, per convinzione, per dovere morale, per opportunità oppure per obbligo (più o meno ufficiale).
Quelli che abbiamo elencato sono tutti motivi plausibili ma i primi – scelta, convinzione, dovere morale – hanno a che fare con la gerarchia dei valori e delle priorità di ciascun imprenditore, una sfera molto personale. Concentriamoci dunque sui secondi: obblighi e opportunità.
Vi facciamo notare due cose. La prima è che le linee programmatiche della politica economica europea (a cui l’Italia non può sottrarsi) hanno scelto la sostenibilità come parola d’ordine generale, traducendola poi in una serie di filoni operativi che ci toccano da vicino. Pensiamo a temi come l’abbandono dei combustibili fossili, l’efficienza energetica degli edifici, la gestione e riduzione dei rifiuti, l’utilizzo preferenziale di materie prime rinnovabili, la lotta alle plastiche negli imballaggi. E ancora, su altri fronti: la tutela dell’equilibrio tra vita e lavoro, la battaglia contro le discriminazioni, l’inclusione e la parità di genere, la trasparenza e la lotta alla corruzione…
In questi ambiti è prevista una regolamentazione sempre più stringente che arriverà progressivamente a vietare o a penalizzare prodotti, comportamenti e aziende ritenuti non sostenibili.
La seconda evidenza è che i media stanno orientando con molta efficacia verso questi temi anche l’attenzione dell’opinione pubblica, in particolare delle nuove generazioni, quelle che rappresentano i consumatori di domani.
Le aziende rischiano dunque di trovarsi nella morsa tra le pressioni della politica e quelle dei loro stessi clienti: se non è questo un obbligo a diventare sostenibili, poco ci manca.
C’è un lato positivo in questo? Sì, queste pressioni possono trasformarsi in opportunità nella misura in cui diventano una spinta all’innovazione: innovazione nei processi gestionali, nei processi produttivi, nella progettazione stessa dei prodotti e dei servizi offerti al mercato.
7) Gestire la sostenibilità senza subirla, come è possibile?
È probabile che la sostenibilità sia già entrata nelle vostre aziende, senza che l’abbiate chiesto o ve ne siate resi conto. Come?
Negli ultimi anni alcuni vostri clienti vi hanno sottoposto con regolarità ad audit o questionari su temi che riguardavano i vostri processi produttivi, il rispetto di criteri ambientali, la tutela dei diritti dei lavoratori?
La vostra azienda fa parte di un gruppo e la vostra capogruppo vi ha chiesto dati e informazioni per la redazione di un Report di Sostenibilità?
I vostri clienti vi hanno imposto limiti o condizioni rispetto all’utilizzo di alcune materie prime o lavorazioni?
Avete partecipato ad appalti o bandi di finanziamento e vi sono state chieste relazioni per dimostrare che le vostre attività non creano danni all’ambiente (il famoso principio DNSH imposto dai bandi PNRR) o informazioni dettagliate sull’occupazione femminile o giovanile in azienda?
Le banche con cui lavorate vi hanno chiesto di sottoporvi a un rating di sostenibilità, promettendo magari condizioni di accesso al credito migliori?
Tutto questo è già sostenibilità ma una sostenibilità per così dire passiva, perché la vostra azienda subisce le decisioni e le richieste degli altri, si affanna a recuperare dati e informazioni che potrebbe raccogliere in modo più organico e strutturato, non ha una visione d’insieme e strategica di quello che sta facendo.
Vi trovate in una situazione del genere? Prenderne consapevolezza è il primo passo per cambiarla a vostro favore.
8) Come capire se la nostra azienda è sostenibile oppure no?
La sostenibilità non è un interruttore on/off. È più corretto descriverla come una serie di cursori a intensità variabile che si muovono da un minimo a un massimo su una scala di valori che non sempre sono uguali per tutti.
Non chiedetevi dunque se la vostra azienda è sostenibile oppure no. Dovete chiedervi quanto (o quanto poco) lo sia in relazione a una serie di temi e questioni che prima avete individuato strategicamente come prioritarie e avete poi tradotto in indicatori da rilevare e analizzare con regolarità.
Strategia, indicatori e misurazioni: una buona parte del vostro percorso di sostenibilità gira intorno a queste tre parole.
Esistono sul mercato delle piattaforme on-line che offrono servizi di misurazione delle prestazioni ambientali, sociali e di governance di un’azienda attraverso un corposo set di indicatori. Segnaliamo ad esempio Ecomate, che propone un rating di sostenibilità tarato sulle esigenze delle piccole e medie imprese.
C’è però un lavoro che queste piattaforme, ottime sotto il profilo tecnologico, non possono fare al posto vostro: ragionare sulla strategia, costruire i pilasti su cui si fonda la sostenibilità della vostra azienda.
9) Come dimostrare che la nostra azienda è sostenibile?
Se pensate che ci possa essere qualcosa che dimostra la sostenibilità di un’azienda così come l’ISO 9001 certifica la Qualità, la risposta è semplice: no. O almeno non ancora.
Intendiamo dire che non esiste oggi uno standard che abbia contemporaneamente queste caratteristiche:
- prenda in considerazione tutte le dimensioni della sostenibilità aziendale (ovvero impatto ambientale, impatto sulle persone e governance)
- sia riconosciuto a livello internazionale
- preveda una certificazione di terza parte, ovvero una convalida da parte di un’autorità imparziale e indipendente
- possieda un vero e proprio valore legale, al pari delle norme ISO.
Proviamo a darvi, nella tabella di comparazione che pubblichiamo qui di seguito, una panoramica ragionata di alcuni degli strumenti disponibili sul mercato che possono essere utili per costruire, dimostrare, rendicontare e comunicare un percorso di sostenibilità.
Si tratta in alcuni casi di strumenti tra loro molto differenti; di alcuni parliamo già nella sezione sostenibilità nel nostro sito (B-Corp, SA 8000, PdR 125 Parità di Genere, Bilancio di Sostenibilità), altri li approfondiremo nei prossimi mesi. Di ciascuno cominciamo a presentarvi una descrizione sintetica, i punti di forza ma anche i limiti o le difficoltà di realizzazione.
Se volete, potete scaricare la tabella di comparazione degli strumenti di sostenibilità in un comodo PDF.
10) In cosa possiamo aiutarvi noi di Nicoletti & Associati?
A capire come integrare la sostenibilità nella vostra strategia aziendale e nella concretezza dell’operatività quotidiana.
A identificare temi e questioni prioritarie nel percorso di sostenibilità della vostra azienda.
A individuare indicatori e strumenti di misurazione più efficaci e adatti per misurare il livello di sostenibilità nella vostra azienda e i successivi avanzamenti.
A riconoscere gli strumenti più adeguati, tra quelli appena presentati al punto 9, per concretizzare e presentare il vostro percorso di sostenibilità.
A implementare un sistema di gestione che certifichi la sostenibilità della vostra azienda.
A costruire un bilancio di sostenibilità in grado di comunicare tutto il valore della vostra azienda.
E molto altro ancora…
Volete stamparvi queste 10 risposte in tema di sostenibilità per leggerle con calma? Scaricatevi il testo completo in formato PDF!