È prevista per il prossimo 15 luglio 2022 (dopo molti rinvii) l’entrata in vigore del “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” così come è stato definito dal D. Lgs 14/2019 (e successivamente modificato dal D.Lgs 83/22 del 15 giugno 2022). Si tratta di un complesso di norme che riforma in maniera profonda, dopo oltre 70 anni, la disciplina in materia fallimentare.
La nuova legge sostituisce il vecchio impianto, basato sulla colpevolizzazione dell’imprenditore e dell’impresa a rischio fallimento, con un nuovo approccio incentrato sulla prevenzione e sull’emersione precoce delle situazioni di crisi. L’obiettivo è duplice: da un lato favorire il risanamento di aziende che si trovano in una situazione temporanea di crisi, dall’altro rendere il più possibile rapida e indolore l’uscita dal mercato per le realtà non più recuperabili.
Alla luce di questa riforma ha senso affrontare il tema della crisi d’impresa dal punto di vista dei Sistemi di Gestione? Sì, per più di un motivo. e
L’importanza del modello organizzativo
In prima battuta perché la legge obbliga in maniera esplicita le aziende – anche quelle meno strutturate – a dotarsi di un assetto organizzativo e gestionale adeguato alla rilevazione precoce dei segnali di crisi. Non è un caso che le parole d’ordine siano quelle tipiche dei sistemi di gestione: analisi del rischio, prevenzione, pianificazione, controllo dei processi, definizione delle procedure, selezione e monitoraggio degli indicatori.
In seconda battuta perché c’è la possibilità per le aziende di dimostrare l’adozione di questo assetto organizzativo. Come? Certificandolo, come qualsiasi altro Sistema di Gestione, secondo lo schema proprietario CRMS FP:07 2015 e il suo addendum EFRMS 14:2019, entrambi riconosciuti da Accredia e dunque sottoposti a una valutazione indipendente che rappresenta un’ulteriore garanzia.
Doveri e responsabilità dell’imprenditore
Facciamo un passo indietro e torniamo ai dettagli della legge. Il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” ha determinato una modifica del secondo Comma dell’art 2086 del Codice Civile, che oggi recita così:
«L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale…»
Questo comporta una vera e propria responsabilità dell’imprenditore nel predisporre un assetto organizzativo finalizzato alla gestione amministrativa e contabile, fondato sulla pianificazione finanziaria, sul controllo del cash flow e su efficaci canali informativi tra organi sociali e funzioni aziendali.

Dal monitoraggio consuntivo a quello previsionale
Il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” prevede inoltre l’istituzione di procedure di allerta e composizione assistita della crisi cui le PMI sono obbligate per legge ad aderire.
In pratica le piccole e medie imprese devono dotarsi di strumenti idonei a monitorare i principali indicatori economico-finanziari e, soprattutto, a farlo con cadenza ricorrente e ravvicinata (almeno trimestrale), in un’ottica preventiva e di controllo, non meramente consuntiva. Di fatto si tratta di elaborare, formalizzare e in gran parte digitalizzare le proprie pratiche gestionali.
Tra gli indicatori chiave il Codice identifica:
- la non sostenibilità degli oneri di indebitamento rispetto ai flussi di casa che l’impresa è in grado di generare;
- l’inadeguatezza dei mezzi propri dell’impresa rispetto a quelli di terzi;
- ritardi nei pagamenti reiterati e significativi nei confronti di creditori pubblici qualificati (ad esempio Inps e Agenzia delle Entrate), fornitori e dipendenti;
- il superamento di indici specifici elaborati con cadenza almeno triennale dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC).
Uno schema di gestione certificabile
Come già è accaduto con altre riforme, pensiamo al Testo Unico per la Sicurezza e al Testo Unico per l’Ambiente, le aziende sono di fronte a un obbligo che può diventare opportunità.
L’obbligo è rappresentato dall’adeguamento alla nuova normativa, l’opportunità consiste nel tradurre questo adeguamento in un modello organizzativo al servizio degli obiettivi strategici e dell’operatività ordinaria dell’impresa.
Il passo successivo consiste nella certificazione indipendente di questo modello organizzativo da parte di un organismo terzo. Parallelamente al nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” è nato infatti l’EFRMS 14:2019 (Economic Financial Risk Management Systems), come estensione del CRMS FP:07 2015 (Credit Risk Management Systems).
Si tratta di uno schema proprietario, non derivato dunque da norme ISO/UNI, bensì per iniziativa di un soggetto privato: Coeri Kosmos. CRMS FP:07 2015 e EFRMS 14:2019 sono modelli riconosciuti da Accredia, e dunque certificabili, redatti secondo un approccio per processi applicando la struttura di Alto Livello e la terminologia alla base di tutti i Sistemi di Gestione, proprio in un’ottica di compatibilità e integrazione.
Il percorso di certificazione prevede l’implementazione di specifici strumenti che, attraverso l’aggregazione delle informazioni e il monitoraggio di specifici indici, permettono all’impresa di strutturare e documentare la gestione del credito e dell’intero sistema amministrativo-organizzativo e finanziario aziendale.

Strumenti, procedure, indicatori e vantaggi
Tra gli indicatori quantitativi e qualitativi previsti (che completano quelli già citati nel “Codice della crisi d’impresa”): indice di solvibilità dei clienti · rating clienti · KPI finanziari ed economici classici · spese di gestione del credito · importi e frequenza insoluti · capacità imprenditoriali, organizzazione e competenze dipendenti area commerciale · puntualità, correttezza, reperibilità e disponibilità area amministrativa.
Tra gli strumenti proposti: sistemi di rating per la classificazione dei clienti · formalizzazione delle procedure operative · analisi portafoglio clienti · pianificazione · report trimestrali di monitoraggio.
Appaiono evidenti due aspetti:
- l’applicazione di un modello organizzativo per la crisi d’impresa non si limita alle funzioni amministrative e contabili ma investe l’azienda nella sua interezza, con un particolare coinvolgimento dell’area commerciale e dell’alta direzione;
- i vantaggi nell’adozione di un tale modello vanno oltre la pura compliance al D. Lgs 14/2019 e l’individuazione tempestiva di indizi di crisi.
Possiamo infatti parlare di un vero e proprio aumento della competitività, di un allineamento della struttura organizzativa alle strategie e agli obiettivi aziendali, di un accrescimento reputazionale in termini di affidabilità, credibilità e sostenibilità dell’organizzazione.