Approfittiamo del giorno in cui Kamala Harris, prima vicepresidente donna degli Stati Uniti, è entrata alla Casa Bianca per parlare del rapporto tra donne e potere.
Lo facciamo con un’attenzione rivolta al mondo del lavoro, più che alla politica, e uno sguardo soprattutto alle dinamiche organizzative e relazionali, perché queste ultime sono lo specchio dello stile di leadership e del clima che si instaura in un’azienda.
Donne e lavoro: un secolo di storia
L’ingresso delle donne nel mondo del lavoro avviene in occasione delle due guerre mondiali, per rimpiazzare la forza lavoro maschile impegnata al fronte; prosegue negli anni del boom economico, spinto anche da un sempre più diffuso accesso agli studi da parte delle ragazze; viene poi enfatizzato come strumento di emancipazione dai movimenti femministi; oggi, tuttavia, rischia di diventare una necessità per contribuire al mantenimento della famiglia, più che una scelta di realizzazione personale. Parliamo, insomma, di poco più di un secolo di storia.
La presenza delle donne in azienda in posizioni sempre meno subordinate, l’accesso alla carriera e la conquista di posizioni di potere è un fenomeno ancora più recente, tanto è vero che fa tuttora notizia.
La Certificazione ISO 27001 in soccorso dei dati aziendali: materiale prezioso, a rischio di cyberattacchi
Tra i beni più preziosi e a rischio di furto o danneggiamento della tua azienda, ci sono informazioni e dati sensibili: proteggerli da accessi non autorizzati, modifiche, distruzione o estorsione, è diventata oggi una priorità assoluta.
Un tema che ci riguarda tutti
Donne in azienda e donne in carriera sono, comunque, un dato di fatto, che porta con sé alcuni interrogativi che riguardano anche gli uomini.
Ne citiamo alcuni, ai quali proviamo a rispondere di seguito: esistono ancora stereotipi di ruolo legati al genere? esiste uno stile di leadership al femminile, diverso e contrapposto rispetto a quello maschile? intelligenza emotiva, capacità relazionali e gestione dei conflitti sono uguali tra uomini e donne? il tema della conciliazione tra lavoro e famiglia riguarda soltanto le donne oppure la loro esperienza può insegnare qualcosa a tutti noi?
Stereotipi di ruolo e di genere: esistono ancora?
La distribuzione delle donne nel mondo del lavoro non è omogenea. Ce lo dice l’esperienza e lo confermano i dati. Sociologi e studiosi delle organizzazioni parlano di “segregazione orizzontale” e “segregazione verticale”.
Per segregazione orizzontale si intende il confinamento delle donne in determinati settori e ruoli. Ci sono più donne nei servizi che nell’industria, ad esempio; e in generale ci sono funzioni aziendali a vocazione spiccatamente femminile – come marketing, comunicazione e gestione delle risorse umane – e altre riservate quasi esclusivamente ai maschi. Pensateci: conoscete un responsabile di produzione donna?
La diversità come ricchezza
Un esempio estremo di segregazione orizzontale è il mondo della scuola, tranne l’università, caratterizzato da una presenza femminile quasi esclusiva, così come quello dell’assistenza e della cura alla persona. Agli antipodi l’esercito, dove l’ingresso delle donne è permesso per legge ma suscita ancora perplessità e reazioni.
In generale, in qualsiasi contesto, la mescolanza e la disomogeneità se ben gestite sono una ricchezza, favoriscono il confronto e una fertilità di idee che è utile per la crescita dei singoli e delle organizzazioni. La compresenza equilibrata di uomini e donne al lavoro rientra dunque nel più ampio tema della valorizzazione delle differenze.
Il soffitto di cristallo
Altra cosa è invece la segregazione verticale, ovvero la scarsità di donne in posizione di vertice e, più in generale, la difficoltà a fare carriera nel mondo del lavoro, nonostante i risultati scolastici descrivano una realtà dove le ragazze sono mediamente più brave dei maschi. È il famoso “soffitto di cristallo”: un ostacolo apparentemente invisibile ma non del tutto rimosso.
Dal 2011, in Italia, c’è una legge (la Golfo-Mosca) che impone ai Consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa di riservare al genere meno rappresentato almeno un terzo dei posti negli organi di governo.
Risultati? Nel 2020 la presenza delle donne nei Cda è cresciuta dal 5,7% al 35,5%, le top manager sono passate da 46 a 71, quelle con incarichi dirigenziali hanno visto un leggero incremento dall’11,9% al 17,6%.
Stili di leadership: c’è differenza tra uomini e donne?
Ci sono, dunque, donne che ce l’hanno fatta, per quanto ancora poche. Ma a che prezzo? Non è del tutto infondata la percezione che, almeno fino a qualche anno fa, il successo professionale di una donna fosse legato alla sua capacità di incarnare, o addirittura enfatizzare, valori e comportamenti tipicamente attribuiti ai maschi: competitività, assertività, individualismo.
Significa, per dirla banalmente, che le donne di potere sono peggio degli uomini? Forse la verità è un’altra: dove prevalgono una cultura aziendale e dei modelli organizzativi fortemente gerarchici e scarsamente collaborativi chi non si adegua è escluso dalle posizioni di vertice, uomo o donna che sia. In questo senso c’è chi ha parlato di “mascolinità” della cultura aziendale diffusa, soprattutto in Italia, contrapponendovi come antidoto la necessità di coltivare una dimensione femminile.
L’importanza dell’intelligenza emotiva e relazionale
Cosa significa coltivare una dimensione femminile in azienda? Esiste una specificità femminile di segno opposto a quella maschile? Per molti esperti sì ed è rappresentata da due caratteristiche fondamentali: empatia e intelligenza emotiva (di quest’ultima abbiamo già parlato in questa news).
A livello di leadership queste doti si traducono in una migliore capacità di ascolto e di conciliazione dei conflitti, in un’attitudine a muovere le giuste leve motivazionali e, in sintesi, in una gestione aziendale più attenta alle logiche collaborative, alla qualità delle relazioni tra le persone, all’importanza del lavoro di squadra.
È un modello organizzativo difficile da introdurre che però nel medio periodo può risultare vincente per tutti.
Work-life balance: conciliazione tra lavoro e famiglia
C’è un altro fronte sul quale la presenza delle donne in azienda ha molto da insegnarci: è quello della conciliazione tra vita e lavoro. Per necessità, ancora prima che per virtù, le donne non esauriscono la loro vita nel lavoro e nella carriera: è inevitabile che si dedichino più degli uomini alla gestione della famiglia, all’educazione dei figli, all’accudimento dei genitori anziani.
A lungo questo è stato considerato un ostacolo per la carriera delle donne e un pericolo per la produttività delle aziende. Oggi prevale invece l’ipotesi che l’esperienza femminile possa insegnare a tutti una gestione del tempo più saggia, in grado di proteggerci dal rischio concreto che la dimensione lavorativa assorba e travolga completamente la nostra vita.
L’armonizzazione tra vita e lavoro (quello che in inglese si definisce work-life balance) fa bene alle persone e alle aziende. A queste ultime, però, richiede modelli organizzativi efficaci, in grado di riconoscere e premiare la qualità del lavoro, prima ancora della quantità. Orari dilatati, serate in ufficio, giorni festivi sacrificati non devono dunque essere considerati un merito a priori, bensì il segnale di una gestione del tempo distorta e pericolosa.
Smart working e sostenibilità
Abbiamo parlato di recente di smart working (potete rileggere l’articolo qui), evidenziando tra le sue conseguenze proprio la tendenza a veder sfumare sempre di più i confini tra vita domestica e lavoro. Secondo i primi dati il crescente ricorso a forme di lavoro a distanza a causa della pandemia ha coinvolto soprattutto le donne. È presto per dire se per loro sia un vantaggio o uno svantaggio, senz’altro è un ulteriore elemento di riflessione.
Chiudiamo, infine, con un cenno al legame tra donne e sostenibilità. Alcuni sostengono che una leadership femminile favorisca investimenti in sostenibilità da parte da parte delle aziende. È difficile dirlo con sicurezza, mentre è certo che la valorizzazione del lavoro femminile rappresenta un elemento di merito e un requisito fondamentale in tutte le certificazioni e i modelli organizzativi legati alla responsabilità d’impresa, come la SA 8000 o il marchio B-Corp.