C’è più di un motivo per definire Dolomiti Strade una storia di successo!
Il primo, quasi scontato, è che si tratta di una realtà del nostro territorio giovane e in forte crescita.
Il secondo è che lavora in un settore rilevante e strategico per il futuro del nostro paese: quello dell’ingegneria ambientale.
Dolomiti Strade realizza prevalentemente opere di prevenzione del rischio idro-geologico, di difesa del suolo e di ripristino a seguito di fenomeni di dissesto. In particolare: difesa di sponde lacustri, argini, barriere di mantenimento e protezione da frane, lavori fluviali, interventi a carico di reti fognarie e di sistemi di acquedotti, preparazione di pavimentazioni stradali e opere silvo-pastorali.
Il terzo è che si tratta di una delle poche aziende italiane a poter vantare più di 3 certificazioni (ricordate? ne abbiamo parlato in Chi scende & chi sale: una riflessione sull’andamento delle certificazioni…).
Oltre a Qualità, Ambiente e Sicurezza, Dolomiti Strade ha infatti certificato a fine 2021 anche il suo Sistema di Gestione per la Prevenzione della Corruzione secondo la norma ISO 37001.
Di questi traguardi abbiamo parlato con Francesca Bono, che guida l’azienda fin dalla sua costituzione, nel 2011.

Abbiamo detto che Dolomiti Strade è una realtà giovane e in forte crescita. Ce ne racconta la storia?
Sì. Siamo partiti nel 2011, in un contesto di grande difficoltà del settore delle costruzioni a seguito della crisi finanziaria, quando era difficile ottenere fiducia dagli istituti di credito anche solo per aprire un conto corrente. All’epoca non avevamo nulla, se non le nostre competenze. Eravamo io e mio marito, con pochi ma validi collaboratori. Lui si occupava della parte tecnico operativa, io di quella amministrativa, che ho gestito per i primi anni lavorando da casa.
Pian piano siamo cresciuti e crescendo ci siamo strutturati. Nel 2017 ci siamo trasferiti in un primo capannone, sono aumentate le persone impiegate in ufficio, gli addetti di cantiere sono passati a 10 e mio marito ha cominciato ad affiancare all’attività tecnica quella commerciale, fondamentale per farci conoscere, anche nel contesto in cui operiamo, ovvero quello degli appalti pubblici, che funziona attraverso manifestazioni di interesse e gare d’appalto.
E oggi? Come si è trasformata la vostra azienda?
Oggi siamo in più di 40. La nostra nuova sede si trova in Zona Industriale Paludi, a Pieve d’Alpago. Qui abbiamo acquistato e ristrutturato un capannone, dove trovano posto uffici, sala riunioni e grandi spazi per il ricovero di macchinari e attrezzature.

Cosa significa per una realtà come la vostra operare nel contesto bellunese, con le sue fragilità da un punto di vista ambientale e le sue dinamiche economiche?
È una grande opportunità, perché ci permette di realizzare opere di difesa del territorio, grazie alla conoscenza delle dinamiche che si sviluppano tra elementi naturali ed eventi atmosferici; ma al tempo stesso è anche una grande responsabilità verso le comunità.
L’abbiamo sperimentato con la tragedia di Vaia, dove siamo intervenuti sia nell’emergenza più immediata, sia nei lavori di ripristino successivi.
Negli ultimi anni una grande spinta ci è venuta anche dai cantieri per i Campionati mondiali di sci e per le Olimpiadi 2026. Siamo però consapevoli che questo volano di sviluppo prima o poi finirà, e passeremo dalla realizzazione di nuove opere alla loro manutenzione. Per questo, fin da oggi, dobbiamo guardare oltre.
Qual è la vostra strategia per il futuro?
La nostra strategia si fonda su due pilastri: da un lato l’espansione territoriale, dall’altro l’innovazione.
Per quanto riguarda l’espansione territoriale, già oggi lavoriamo in tutto il Triveneto e stiamo cercando di ottenere nuovi appalti in Italia Centrale, Toscana e Marche prima di tutto.

Sul fronte dell’innovazione, invece…
In Dolomiti Strade decliniamo l’innovazione su due fronti: il primo è quello dell’innovazione operativa e di prodotto, il secondo è quello dell’innovazione gestionale.
Nel primo ambito rientrano tutti gli investimenti che abbiamo fatto in macchinari, anche grazie ai fondi Industria 4.0, con l’obiettivo di specializzarci, occupare nicchie di mercato sempre più profittevoli e riuscire a gestire direttamente le diverse opere richieste all’interno dei singoli cantieri, senza dover ricorrere a subappalti.
Nel secondo ambito rientrano le nostre politiche di certificazione.

A partire dal 2017 avete ottenuto ben quattro certificazioni: Iso 9001 per la Qualità, Iso 45001 per la Sicurezza sul Lavoro, Iso 14001 per la Gestione Ambientale e infine, nel 2021, l’Iso 37001 per la Prevenzione della Corruzione. A queste va poi aggiunta l’implementazione del Modello 231. Si tratta di un vero e proprio record! Quali sono i motivi che vi hanno spinto in questa direzione?
Le prime tre certificazioni – Qualità, Ambiente e Sicurezza –
ci hanno aiutato a strutturare e gestire la crescita della nostra azienda. Oggi
abbiamo una persona che si occupa nello specifico di seguire Sicurezza e
Ambiente, perché si tratta di due elementi al tempo stesso difficili ma fondamentali da tenere sotto controllo in un contesto di cantiere.
Peraltro l’attenzione all’ambiente è centrale per un’azienda, come la nostra, che opera nell’ambito specifico dell’ingegneria ambientale e del territorio, ovvero della gestione dei grandi rischi, connessa alla salvaguardia dell’ambiente costruito, dell’ambiente naturale e delle sue componenti.

Certificazione Iso 37001 e Modello 231 rispondono invece a un’esigenza di trasparenza, vero?
La certificazione Iso 37001 nasce come requisito per poter partecipare ad alcuni bandi pubblici ma rappresenta anche un’opportunità per far crescere il valore reputazionale della nostra azienda. Va nella stessa direzione anche l’implementazione del Modello organizzativo 231 che riguarda la responsabilità amministrativa di un’azienda rispetto a una serie di reati, tra cui la corruzione.
Certificazione Iso 37001 e Modello 231 garantiscono la nostra totale trasparenza e immunità rispetto a forme di corruzione attiva o passiva. Per chiarezza: corruzione attiva quando è l’azienda (o un suo dipendente) a tentare di corrompere qualcuno per ottenerne un vantaggio. Corruzione passiva è invece quando l’azienda (o un suo dipendente) vengono corrotti, provocando potenzialmente un danno all’azienda stessa.
Chiudiamo con una domanda obbligatoria in questo momento dell'anno: sfide e obiettivi per il 2023?
L’obiettivo è di crescere ancora, aggiungendo competenze e specializzazioni. Vogliamo farlo in prima battuta investendo sempre di più nelle abilità delle persone già presenti all’interno dell’azienda e in seconda battuta ampliando l’organico, anche se una delle principali criticità per il nostro settore, in questo momento, è rappresentato proprio dalla difficoltà nel trovare personale preparato da assumere.