Il prezzo, di un prodotto o di un servizio, è una medaglia a due facce. Da un lato ci sono i costi necessari per produrre quel bene, dall’altro il valore che il cliente è disposto ad attribuire a quello stesso bene in un preciso momento.
Semplificando possiamo dire che i costi rappresentano il limite inferiore, al di sotto del quale la vendita per chi produce non ha senso, se non in particolari circostanze; il valore invece rappresenta il limite superiore che il cliente accetta di pagare in un determinato momento per finalizzare l’acquisto.
Il prezzo può variare all’interno di questo spazio, che in alcuni casi è ampio come una prateria, in altri stretto come un crinale.
Una cosa è certa: nessuno vuole lavorare in perdita, pochi sono disposti a pagare a peso d’oro. Per questo per le politiche commerciali di un’azienda prezzo, costi e valore sono concetti fondamentali che si influenzano a vicenda ma rimangono tra loro ben distinti. Proviamo dunque a fare un po’ di chiarezza.
I costi: industriali, generali, fissi e variabili
Realizzare un prodotto, erogare un servizio o anche banalmente commercializzare un bene comporta dei costi che si possono distinguere e classificare per categorie.
Quando parliamo di costi industriali, ad esempio, ci riferiamo a tutte le spese necessarie per trasformare le materie prime in prodotti finiti. Manodopera e costi di ammortamento dei macchinari sono considerati costi industriali fissi, perché sono indipendenti dalla quantità di beni prodotti. Le materie prime e i trasporti invece sono costi variabili, perché dipendono strettamente dalla quantità di beni prodotti.
Esistono altri costi industriali, che possiamo definire indiretti, perché non legati al singolo prodotto. Pensiamo ad esempio alle spese per l’approvvigionamento di energia o per la manutenzione generale degli stabilimenti.
I costi di struttura
Vanno poi aggiunti i costi non industriali, che corrispondono alle spese per il mantenimento di tutte le altre funzioni dell’azienda, essenziali anche se non produttive in senso stretto: commerciale, marketing, amministrazione, ricerca e sviluppo.
Accenniamo a due considerazioni sul rapporto tra costi e prezzi. È chiaro che all’aumentare dei beni prodotti crescono le spese variabili, a cominciare dalle materie prime, ma diminuisce l’incidenza delle spese fisse e generali sul costo del singolo prodotto. Altrettanto evidente che la compressione dei costi può allargare i margini di manovra nella definizione dei prezzi, a condizione però che il taglio delle spese non incida sulla qualità del prodotto.
Il valore: la percezione del cliente
Abbiamo definito il valore come prezzo massimo che il cliente è disposto a pagare per ottenere un determinato bene. Concetto che qualcuno sintetizza nel motto: il prezzo è quello che pago, il valore è quello che ottengo. Non sempre questo valore dipende dal reale costo di produzione del bene in oggetto.
Il valore che siamo disposti a dare a una bottiglia d’acqua mentre siamo in spiaggia non è lo stesso che le attribuiamo al supermercato, soprattutto se fa caldo e la bottiglia è bella fresca. Per una scarpa di marca accettiamo di pagare di più che per una scarpa anonima, a parità di confort. Detto più semplicemente: la scarsità di un bene, che può anche essere indotta attraverso opportune strategie di distribuzione, o la sua qualificazione attraverso il marketing ne aumentano il valore percepito.
Questo approccio non vale solo per beni di largo consumo. Un discorso analogo si può fare anche in ambito industriale e manifatturiero: la qualità del servizio, la continuità della fornitura, le certificazioni di processo e di prodotto contribuiscono, al pari del marketing, ad aumentare il valore percepito di un bene da parte del cliente.
La formula magica del prezzo
No, una formula magica non esiste! Come si determina dunque il prezzo? Possiamo partire dai costi di produzione e aggiungere loro un margine, che rappresenta il nostro guadagno reale (tolti naturalmente gli oneri fiscali).
Quanto ampio può essere questo margine? Per saperlo con certezza dovremmo essere dentro alla testa del cliente. In alternativa possiamo cercare di capire quali sono i prezzi della concorrenza, lavorare sul posizionamento del nostro prodotto, a partire dalle sue caratteristiche esclusive e dal valore aggiunto del servizio che riusciamo a garantire.
Prezzi e politiche commerciali
A partire da questi elementi – controllo dei costi di produzione, caratteristiche del prodotto, analisi della concorrenza – possiamo formulare la nostra ipotesi di prezzo. Ricordiamoci però che il prezzo di ciascun prodotto va inserito all’interno di una più ampia politica commerciale aziendale. Possiamo differenziare i prezzi dei prodotti in relazione alla segmentazione della clientela (con una scontistica, ad esempio, ai clienti che garantiscono volumi di acquisti più elevati). Oppure possiamo perfino decidere di vendere un singolo prodotto del nostro catalogo al di sotto del prezzo di costo, se questo ci permette di farci conoscere sul mercato o di acquisire un cliente cui vendere successivamente beni molto più profittevoli.