Forse non è un caso che nella mitologia greca Efesto, dio del fuoco e protettore di artigiani e inventori, fosse un fabbro; unico, peraltro, tra le divinità dell’Olimpo a fare un lavoro vero. Da sempre, infatti, la lavorazione dei metalli unisce forza ed eleganza, tecnica e creatività, in una sorta di sfida tra l’uomo che forgia e la materia che, dopo una tenace resistenza, cede.
De Castelli, azienda trevigiana che della carpenteria ha fatto un’arte, rappresenta la versione moderna di questo mito. La sua storia si inserisce in una tradizione tutta italiana che ha visto nascere alcune delle sue migliori realtà imprenditoriali proprio dall’incontro tra manualità artigiana, tecnologia e design.
A raccontarcelo, con passione e orgoglio, è Albino Celato, che di De Castelli è l’anima, prima ancora che l’amministratore delegato.
Oggi la vostra produzione spazia tra arredi e complementi d’arredo per interni ed esterni, progetti custom dalla piccola alla grande scala, superfici di rivestimento e installazioni artistiche. La vostra esperienza nella lavorazione dei metalli, però, è antica ed eclettica. Ce ne parla?
Certo, è una storia che si tramanda da quattro generazioni. I primi passi risalgono a fine ‘800, quando mio bisnonno su un terreno lungo il canale Brentella, nella zona di Crocetta del Montello, installò un maglio per produrre semplici utensili per l’agricoltura forgiati dal ferro: vanghe, zappe, badili. L’attività si sviluppa nel corso del ‘900 con l’introduzione di nuovi macchinari e nuove tecniche, ad esempio quella della lavorazione del rame secondo la tradizione trentina, che dà vita a piccoli grandi oggetti come fioriere, portaombrelli, ma anche altari per chiese che si possono ammirare ancora oggi in giro per l’Italia. Un’evoluzione continua, senza mai tradire la nostra vocazione profonda per il lavoro ben fatto, di qualità.
Fin qui è una storia comune a molti artigiani. Quando avviene il cambio di passo che conduce alla realtà attuale della De Castelli?
Sono entrato in azienda molto giovane, nel 1985. Eravamo io e mio padre. Gradualmente mi sono reso conto che di fatto lavoravamo per conto terzi: era il committente che ci cercava, dettava le condizioni e ricavava il maggior profitto dalla qualità del nostro lavoro. Noi potevamo soltanto rincorrere il prezzo. Un modello che non poteva reggere, almeno per quanto mi riguardava.
Arriva dunque, a fine anni ‘90, la rivoluzione. Quali sono i caposaldi su cui si è fondato il nuovo modello di business?
Dal punto di vista strategico sono stati due: i contatti e la collaborazione con grandi studi di architettura e l’apertura ai mercati internazionali, in particolare quelli dei Paesi Arabi e dell’Estremo Oriente. Dal punto di vista tecnico, invece, la svolta è nata dall’integrazione tra il saper fare artigiano e l’implementazione di processi produttivi industriali, ovvero nel binomio tra manualità e tecnologia. Abbiamo applicato questo approccio prima al campo degli arredi per esterni poi a quelli indoor.
Tutto questo si incarna, a partire dal 2003, anche in un nuovo brand che sostituisce il vecchio Celato srl. De Castelli è qualcosa in più di un semplice nome. Ci racconta come nasce?
Non nasce a tavolino, come idea di marketing, bensì come mia suggestione personale. Mi affascinava l’idea del castello, dei castelli, come un qualcosa di fondante, di solido, di dominante, capace di durare nel tempo. Il “De” iniziale ha completato questa suggestione con un tocco di aristocratico e nobiliare, nel senso antico del termine.
La parola “castelli” la associo anche all’espressione “castelli in aria” per ricordarmi sempre di sognare ad occhi aperti. “Castelli in aria” è anche il nome della collana editoriale sotto la quale pubblichiamo i progetti più suggestivi che ci vedono coinvolti. La differenza rispetto all’interpretazione del modo di dire sta nel fatto che non ci limitiamo a immaginare i sogni e le suggestioni, ma li costruiamo per davvero.
Che cos’è oggi De Castelli, in termini di prodotti e di posizionamento?
Siamo presenti a più livelli. Prima di tutto proponiamo il catalogo Collection di oggetti seriali, quasi tutti personalizzabili, distribuiti attraverso una rete selezionata di negozi di alta gamma: parliamo sia di mobili, come librerie, contenitori, divani, sedie e tavoli, che di complementi di arredo, come specchi, lampade e vasi. A questo si aggiunge il nuovissimo catalogo Surfaces: la nostra proposta di rivestimenti, a parete e a pavimento, in metallo. Ci sono poi i singoli progetti, di edilizia residenziale privata, contract o allestimento di spazi pubblici, dove lavoriamo in collaborazione con gli architetti, creando di volta in volta qualcosa di unico. E, per finire, abbiamo selezionato in diversi ambiti una serie di partnership con alcuni marchi top di gamma, uno per categoria merceologica. Ne sono un esempio Boffi, che ha in esclusiva una selezione di nostre finiture all’interno delle loro collezioni, e Paola Lenti, con la quale abbiamo sviluppato i sistemi per l’architettura Glow e Tela.
Dietro a questa ricchezza e varietà di proposte c’è, naturalmente, anche una trasformazione a livello di struttura. Siete passati dalla dimensione di una piccola officina artigiana alla realtà di un’azienda che dà lavoro a quasi 50 persone. Cosa ha comportato e comporta tuttora in termini organizzativi?
Oggi poco più della metà del team De Castelli è impegnato alle macchine. L’altra metà è focalizzata ad offrire ai clienti quel valore aggiunto, in termini di servizio, coerente con il posizionamento che ci siamo dati. Nel corso degli anni ci siamo sempre più strutturati, non senza difficoltà, per dipartimenti che si sono a loro volta specializzati in singoli ambiti o aree, costruendo così un sistema complesso in cui ognuno apporta il proprio valore come singolo ma solo in coordinamento con gli altri può essere davvero performante.
Mi piace dire che in De Castelli tutti si sentono parte di un progetto più ampio, mettendo nel loro lavoro una passione e un desiderio di imparare e migliorare che fanno la differenza. In questo percorso di crescita Nicoletti & Associati ci affianca con un’attività di formazione che comprende sia aspetti classici dell’organizzazione aziendale (qualità, analisi dei budget, indicatori di performance), sia temi più originali come quelli della leadership e della motivazione personale.
Per finire, ci presenta un progetto, una realizzazione cui è particolarmente legato?
Dovendo sceglierne uno su tutti, direi l’Archimbuto di Cino Zucchi. Nato come portale d’ingresso per il padiglione italiano della Biennale d’Architettura del 2014, in uno degli angoli più suggestivi dell’Arsenale di Venezia, è poi diventato un’installazione permanente.