A grandi linee la differenza tra aziende B2B (business to business) e aziende B2C (business to consumer) la conosciamo tutti. Le prime hanno come clienti altre aziende, le seconde si rivolgono direttamente al consumatore finale.
È molto meno noto, invece, cosa comporta questa distinzione a livello di gestione delle vendite, strategie e investimenti in marketing e comunicazione.
Ci sono due teorie, due scuole di pensiero che si contrappongono su questo tema.
La prima sostiene che nel caso di vendite da azienda ad azienda le decisioni d’acquisto sono basate su analisi e motivazioni razionali, mentre nel caso di vendite al consumatore finale gioca un ruolo fondamentale l’elemento emozionale.
Non è vero, ribatte la seconda! Anche nel caso di vendite tra aziende l’acquirente in senso stretto è sempre e comunque una persona (non per niente si parla di processi di vendita “human to human”), dunque tutto il marketing si può ricondurre ai meccanismi del marketing B2C.
La realtà, come sempre, ha mille sfumature. Nelle strategie e negli approcci di vendita B2B o B2C ci sono analogie e specificità, punti fermi uguali per tutti e cose che cambiano profondamente tra una categoria di aziende e l’altra.
Partiamo dalle analogie tra marketing B2B e B2C.
Quali sono le cose che valgono per tutti, sia pure con i dovuti distinguo?
1. Concentrarsi sui bisogni dei clienti
Tutte le strategie di vendita partono dall’analisi e dalla comprensione dei bisogni del cliente.
Vale sempre, e per tutti, questa definizione classica: “Il marketing consiste nell’individuazione e nel soddisfacimento di bisogni individuali o sociali, trasformandoli in opportunità di business profittevoli”.
Evitiamo dunque in prima battuta i tecnicismi, anche nei siti web o nei cataloghi aziendali, e rispondiamo sempre a queste domande: a cosa serve questo prodotto? Che problemi risolve? Come puoi usarlo?
2. Considerare il proprio interlocutore come una persona
È in buona parte vero che chi acquista, anche nel caso di un ufficio acquisti aziendale, è una persona.
E come tutte le persone è soggetto alle tecniche di persuasione e ai bias cognitivi (cosa sono i bias cognitivi? Ne abbiamo parlato qua) che il marketing usa sapientemente quando si rivolge al consumatore finale: dal Social Proof (l’importanza delle opinioni e delle recensioni da parte di altri acquirenti, delle best practices, delle storie di successo) al principio di scarsità (il desiderio di accaparrarsi un bene che sembra disponibile in quantità limitate), tanto per citarne solo due!
3. Fare branding... ovvero rendersi riconoscibili
Fare branding significa rendere unico e riconoscibile il proprio marchio. Si parla spesso di “brand awareness” in riferimento alla notorietà di un marchio e alla capacità di riconoscere un brand da parte delle persone o di un pubblico di riferimento.
Attenzione: nel caso di aziende B2B, fare branding non significa rifare il logo, puntare sulla propria immagine o essere conosciuti presso il grande pubblico, bensì essere riconoscibili rispetto ai concorrenti all’interno del proprio pubblico specifico che può essere anche una nicchia molto ristretta.
Cura del prodotto, confezionamento del prodotto, relazione con il cliente, assistenza post vendita, istruzioni e manuali d’uso completi, tutorial di utilizzo fanno a pieno titolo parte del branding B2B, perché caratterizzano la vostra offerta rispetto a quella di altre aziende e vi rendono riconoscibili.
L’obiettivo è associare il nome della vostra azienda a sensazioni positive, trasmettere fiducia e affidabilità, lavorare sulla percezione che il cliente ha del prodotto in senso lato, compresi tutti i servizi ausiliari che fanno la differenza.
4. Marketing di secondo livello... perché no?
Può un’azienda B2B parlare anche ai clienti dei propri clienti, quando questi sono dei consumatori finali? Sì, se vende qualcosa che incide sul valore e sulla percezione del prodotto finito.
Facciamo due esempi. Tutti noi quando acquistiamo un paio di scarpe o una giacca a vento facciamo attenzione al cartellino “Gore Tex”, anche se non saremo mai clienti diretti di Gore. A tutti noi cade l’occhio sulla marca della macchina da caffè quando ne beviamo uno al bar, anche se non ci capiterà mai di comperare una macchina da caffè professionale.
Fin qui le analogie tra marketing B2C e B2B. E le differenze?
Il modo migliore per parlare delle differenze forse è quello di mettere in risalto le specificità del marketing B2B, quello che si rivolge ad altre aziende. Proviamo a farlo con una serie di spunti veloci.
1. Pochi clienti ma di dimensioni maggiori
Nel marketing B2B ci si confronta in genere con clienti meno numerosi ma molto più grandi rispetto al mercato dei consumatori.
Perdere o acquisire un cliente ha dunque ripercussioni molto più evidenti e pesanti, nel bene e nel male, sul fatturato della nostra azienda.
2. Relazioni più strette tra fornitore e cliente
Meno clienti, ma più grandi e importanti, significa un rapporto più stretto tra chi vende e chi acquista.
E, proprio in virtù di questa relazione, chi acquista si aspetta una maggior personalizzazione dei prodotti e una maggior attenzione ai propri bisogni da parte del fornitore. Con tutti i vantaggi e gli svantaggi che questo genere di aspettative comporta.
3. Un centro d’acquisti a più livelli
Nelle aziende le decisioni d’acquisto sono influenzate da più persone e più livelli.
Tanto è vero che si parla tecnicamente di “unità decisionali di acquisto” che comprendono, oltre all’ufficio acquisti vero e proprio, almeno altri due livelli: gli utilizzatori del prodotto (molto spesso si tratta di coloro che lavorano in produzione) e chi è dotato di potere decisionale (la direzione o la proprietà nel caso di aziende a conduzione familiare).
Questa articolazione del processo di acquisto incide inevitabilmente sulle modalità e sui tempi della vendita.
4. Cicli di vendita più lunghi
Tanto più costoso e complesso è il prodotto che si vende, tanto più lungo è il ciclo di vendita, ovvero il tempo che intercorre tra i primi contatti, il preventivo e la consegna del bene. Facciamocene una ragione e armiamoci di tutta la santa pazienza necessaria.
Questo significa che, se siamo una start-up, abbiamo bisogno degli investimenti necessari per sopravvivere ai tempi lunghi del ciclo commerciale tipico del B2B.
5. Attenzione alla filiera del proprio cliente diretto
I comportamenti di acquisto dei consumatori finali hanno una ripercussione diretta su tutta la filiera. Un calo o un aumento degli acquisti di un prodotto finito incidono sulle vendite di tutti i fornitori.
In caso di recessione, chi sta a monte nella filiera può fare poco a livello commerciale, se non cercare di mantenere almeno le proprie quote di mercato.
6. Concentrazione geografica degli acquirenti
È frequente nel B2B una forte distrettualizzazione delle attività manifatturiere, che si traduce a sua volta in una concentrazione geografica delle vendite.
Caratteristica positiva, finché contribuisce a concentrare gli sforzi commerciali e a ridurre i costi…
Attenzione però al fenomeno delle delocalizzazioni, che può determinare una vera e propria rivoluzione di scelte e politiche d’acquisto.
7. Tendenza agli acquisti diretti
Le imprese acquistano beni direttamente dai produttori, piuttosto che da intermediari… a meno che gli intermediari non offrano una serie di servizi aggiuntivi – in termini di relazione, cura del cliente, capacità di consulenza – che li renda preferibili al produttore stesso.
8. Avversione al rischio e importanza della reputazione
È stato scritto che “il compratore B2B è solo un B2C che NON paga con i suoi soldi”! Questo però non significa che sia meno attento nel processo di acquisto, anzi!
Il compratore B2B spesso si gioca ben di più dei suoi soldi, ovvero la sua reputazione professionale e il suo posto di lavoro. Per questo il suo obiettivo principale è quello di abbassare i rischi collegati al processo di acquisto.
Offrire garanzie di sicurezza e di affidabilità dovrebbe dunque essere prioritario in una strategia di vendita da azienda ad azienda. La capacità di trasmettere sicurezza e affidabilità in modo duraturo ha un nome: reputazione. Volete saperne di più? Leggete Le 8 cose importanti da sapere in tema di reputazione aziendale!