In questi mesi, che ci hanno visti sempre più coinvolti in consulenze su temi legati alla sostenibilità e alla responsabilità sociale d’impresa, ci è venuta spesso in mente questa frase di Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo:
«Ci vogliono vent’anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla.»
È difficile trovare una definizione di reputazione – parliamo naturalmente di reputazione aziendale – che metta d’accordo tutti; e tanto meno un criterio per misurarla.
Possiamo forse dire che la reputazione, così come la sostenibilità, coincide con il valore che viene attribuito a un’impresa anche oltre le sue prestazioni economiche. Possiamo misurarla attraverso i suoi effetti, a partire dalla capacità di trasmettere credibilità, affidabilità e rispetto, in modo duraturo e non estemporaneo.
Se è vero – come afferma Nassim Taleb, filosofo e broker, autore del “Cigno Nero” – che “la tua reputazione subisce i danni maggiori da ciò che dici per difenderla”, allora non c’è nulla di più sbagliato che affrontare il tema soltanto a danno fatto, nel caso di crisi ed eventi gravi, per rimettere insieme i cocci. Cosa che invece accade alla maggior parte delle aziende!
Ci sono almeno 8 cose importanti da sapere in materia di materia di reputazione aziendale. Le abbiamo messe insieme in una lista ragionata che potete trovare qui di seguito. Buona lettura!
1. Fragile, maneggiare con cura.
È ormai chiaro ma ripeterlo non fa male: la reputazione è un qualcosa di fragile, intangibile e volatile. La si costruisce con l’impegno di anni, quando la si possiede se ne ha poca consapevolezza e spesso ci si accorge della sua importanza solo quando la si è perduta.
2. Essere o apparire?
C’è il rischio che la reputazione venga considerata materia che riguarda soprattutto le pubbliche relazioni e la comunicazione di un’azienda. Mentre invece ha a che fare prima di tutto con l’identità, i valori e la capacità di non tradirli in ogni ambito e ogni aspetto del fare impresa. In questo senso reputazione significa autenticità, non costruzione di un’immagine.
3. Un falso mito: la popolarità.
Spesso si confonde la reputazione con la popolarità, la notorietà o, in termini più tecnici, con la brand awareness, ovvero il grado di conoscenza di un marchio da parte del pubblico di riferimento. Sbagliato! Si può essere popolari e conosciuti ma avere una pessima reputazione.
4. Questione di leadership, oppure no?
È vero che lo stile del leader o dei vertici aziendali nel suo complesso influisce sulla reputazione di un’impresa. Però è altrettanto vero che la reputazione coinvolge tutte le funzioni e i ruoli. Ciascuno, a qualsiasi livello, ne è responsabile, in ogni sua azione e relazione, sia all’interno dell’azienda sia verso l’esterno.
5. Soddisfazione del cliente? Non basta!
La reputazione si misura nelle relazioni con tutti gruppi e le categorie di persone con le quali un’azienda interagisce. Sbagliato dunque pensare di poterla confinare all’interno della soddisfazione cliente, come responsabilità esclusiva delle vendite o del servizio di assistenza.
6. Fenomeno social? Non solo...
Per qualcuno la reputazione ha assunto un ruolo centrale grazie alla diffusione, negli ultimi anni, di internet e dei social media. Non è così, i social possono moltiplicare il pubblico di riferimento, accelerare la velocità delle interazioni, richiedere tecniche specifiche di gestione ma la reputazione si costruisce e distrugge attraverso le azioni nel mondo reale.
7. A proposito di marketing…
Abbiamo detto che la reputazione riguarda l’identità di un’azienda prima ancora che la sua immagine. Questo non significa che non possa essere usata come leva di marketing: la buona reputazione di un’azienda si traduce anche nella disponibilità da parte del cliente a riconoscere e pagare un prezzo più alto ai suoi prodotti.
8. La reputazione degli altri ci riguarda?
Sì, molto, in almeno due casi. Se l’azienda appartiene a un settore critico (pensiamo ad esempio al mondo bancario o all’ambito farmaceutico), potrebbe essere suo malgrado danneggiata dalla cattiva reputazione di un concorrente o dell’intero comparto, meglio dunque agire preventivamente. Altro fattore importante è la filiera di fornitura: uno scandalo o un incidente che coinvolge un fornitore si può ripercuotere anche sull’azienda cliente, non solo in termini di interruzione dell’approvvigionamento ma anche di danno reputazionale.